Ruanda: una politica imperiale per l'oro dell'Ituri

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Eugenio Melandri coordinatore di "Chiama l'Africa" ha scritto al sindaco di Roma Walter Veltroni criticando il progetto di stretta cooperazione previsto tra il comune di Roma e la capitale del Ruanda. Il progetto Glocalforum "ripartire dalle città, dal locale, per realizzare un mondo diverso - scrive Melandri - mi pare una scelta non soltanto giusta, ma indispensabile, anche tenendo conto dell'afasia della grande politica in questo momento".

Tuttavia Chiama l'Africa ricorda i fatti che si riferiscono alla realtà ruandese, fino a quel tragico momento che viene ricordato come "genocidio". "Un evento che pesa sulle coscienze di tutti, ma che non può divenire l'alibi per coprire sia la politica imperiale che il Ruanda di oggi svolge ormai da anni nella regione, sia la sospensione dei diritti umani all'interno dei propri confini".

Il Rwanda ha preso accordi con l'Upc (Union des patriotes congolais) di Thomas Lubanga, un movimento ribelle, anteriormente appoggiato da Kampala, lo ha armato e utilizzato come pedina di entrata nella regione dell'Ituri, ricca di oro, diamanti, coltan e petrolio. Il Ruanda, che non ha miniere di oro nel suo territorio è diventato così il secondo esportatore africano di oro.

Il portavoce della Monuc (Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo) Hamadoun Touré ha denunciato le gravi violenze di cui è vittima la popolazione civile di Bunia mentre il presidente della Conferenza episcopale Congolese, Card. Etsou, ha scritto testualmente: "Denunciamo con fermezza i Presidenti del Ruanda Paul Kagame e dell'Uganda Yoweri Museveni, per il calvario che impongono al popolo Congolese".

"A Bunia si vive ancora nel terrore che da un momento all'altro possano riprendere i combattimenti: c'è assoluta insicurezza e la gente continua a fuggire. Stiamo iniziando solo ora a capire cosa è accaduto nei giorni scorsi: moltissime persone sono state uccise non con armi da fuoco, ma nei modi più orribili con machete, lance, coltelli. Se la comunità internazionale non interviene al più presto c'è il rischio di nuove violenze" - ha detto a Misna un sacerdote di Bunia - "Purtroppo i 'caschi blu' delle Nazioni Unite non garantiscono sicurezza alla popolazione. Siamo molto preoccupati per quello che è accaduto all'esterno della città: anche i pochi giornalisti presenti a Bunia non si azzardano a uscire dal centro abitato e nessuno, nemmeno la Monuc, ha reale consapevolezza dei combattimenti fuori città e in altre località".

Fonti: Chiama l'Africa, Human Rights Watch, Misna, Integrated Regional Information Networks;

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