L’unica Pace è disarmata

Stampa

Foto: Unsplash.com

Rispetto e capisco il popolo ucraino. Rispetto e ammiro la loro resistenza, il coraggio, la voglia di non mollare davanti ad un’ingiustizia enorme, ad un crimine mostruoso. Sto con ognuno di loro. Ma se ragioniamo – e vogliamo farlo – da costruttori di pace, non possiamo cedere alla tentazione delle soluzioni facili, approssimative e, soprattutto, ingiuste.

L’Italia di Draghi ha deciso: daremo armi all’Ucraina. Almeno fino al 31 dicembre, aggirando le leggi che dicono come il nostro Paesi non possa cedere armi a chi è in guerra, daremo a Kiev sistemi anticarro e antiaereo, mitragliatrici leggere e pesanti e mortai. Tutte armi utili per la resistenza in contesto urbano, quindi in previsione di una guerra lunga, dolorosa, sanguinosa. A questo si aggiungeranno 12milioni di euro di elmetti e giubbotti anti proiettile per la popolazione civile.

Una scelta che segue quelle fatte da Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania, dalle neutrali Svizzera, Finlandia e Svezia. Persino l’Unione Europea, di solito incapace di decidere rapidamente qualunque cosa, questa volta ha detto sì all’invio di armi: è la prima volta.

Così, una volta in più, pensiamo di risolvere il problema della guerra armando la gente, persino i civili. Non creiamo le condizioni per la pace facendo tacere tutte le armi, no: puntiamo a garantire l’equilibrio militare sul campo, costi quel che costi, a prescindere dai risultati, dai morti, dall’odio che si genera e cresce, dalle paure. E’ come pensare di disintossicare un eroinomane fornendo le dosi di eroina.

Davvero la guerra in Ucraina la possiamo fermare pensando di dare agli ucraini gli strumenti per andare avanti all’infinito? Davvero vent’anni di guerra persa in Afghanistan – lì nei panni degli aggressori cacciati malamente, ricordiamolo – non ci hanno insegnato nulla? Davvero non abbiamo capito che la guerra si ferma riducendo al minimo o al nulla l’elemento militare, aggressivo?

L’operazione che come Italia e come Europa stiamo facendo sa di truffa. La scelta di dare armi agli ucraini nasconde gli anni della nostra indifferenza rispetto ai problemi di quel Paese. Ci puliamo la coscienza. La guerra, questa guerra, poteva essere fermata nel 2014, quando lo scontro nel Paese, diventato guerra aperta con 15mila morti nel Donbass, è stato trattato come “problema interno” da tutti i Paesi del Mondo. Abbiamo giocato su due tavoli, sempre, a cavallo fra le esigenze di Kiev e gli affari con Mosca, senza scegliere, senza ribadire principi e diritto, solo facendo business e pensando di tenere tutti buoni.

Ora, con la guerra che bussa alle porte, con le immagini dei carri russi in marcia, armiamo gli ucraini. Facendo finta di non sapere che è pericoloso, perché questa guerra non sarà mai simmetrica. Chi ha bombe nucleari negli arsenali alla fine vince sempre. E’ come al tavolo del poker: non puoi giocare contro chi è più ricco di te, alla fine sbanca, magari bluffando.

Nel frattempo succederanno molte cose parallele: ad esempio, i 2mila miliardi di dollari all’anno spesi in armi nel Mondo si moltiplicheranno, per la gioia anche della nostra industria nazionale. I piani energetici nazionali muteranno e la crisi nelle forniture di gas non si trasformeranno nell’occasione per cambiare abitudini e ridurre i consumi: semplicemente torneremo a usare le centrali inquinanti a carbone e petrolio, rilanciando anche in Italia un piano per il nucleare. Poi, la guerra sarà l’occasione per raccontare che è bene avere una Nato forte e armata, perché ci protegge e può garantire la pace.

Il Mondo, dopo questa guerra, a prescindere da come finirà, rischia di essere più armato e più diseguale. C’è un solo modo per avere la pace: disarmarci, smetterla di minacciarci brandendo cannoni, aerei e bombe atomiche. 

Gli ucraini dobbiamo aiutarli, ora e subito, a rimanere vivi e in una terra davvero loro. E questo aiuto può venire solo da una comunità mondiale compatta, libera, democratica e uguale, una comunità umana certa dei diritti di tutti.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

Ultime su questo tema

I gazawi stanno morendo per noi

02 Ottobre 2025
Si testa la tenuta dell’impunità concessa ai massacratori. Si trovano le strade per ridurre al silenzio la democrazia. (Raffaele Crocco)

Dossier - Riconoscere la Palestina: perché il mondo sta cambiando posizione

01 Ottobre 2025
Nell’estate-autunno 2025 alcuni tra i più rilevanti Paesi occidentali hanno deciso di riconoscere lo Stato di Palestina. (Giacomo Cioni)

La strada in salita dell’accordo Bangkok-Phnom Penh

02 Agosto 2025
I due eserciti dovrebbero ritirarsi sulle posizioni iniziali e aprire un tavolo di trattativa. (Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo)

Da inizio Legislatura approvati nuovi programmi militari per 42 miliardi

01 Agosto 2025
Dal Parlamento il via libera all’avvio di spese militari dal valore complessivo di oltre 42 miliardi e impegni finanziari pluriennali per 15 miliardi, con impegni annuali superiori al miliardo...

Cosa dobbiamo raccontare ancora, di questo diabolico Risiko? Il punto

25 Luglio 2025
Si parte confine fra Thailandia e Cambogia, con una nuova guerra che pare prendere forma da vecchie dispute. (Raffaele Crocco)

Video

Conflict Diamonds in Sierra Leone