Iraq: condannato a morte ex-vicepresidente, Amnesty deplora

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Amnesty International deplora la condanna a morte per impiccagione emessa oggi nei confronti dell'ex vicepresidente iracheno Taha Yassin Ramadhan, definendola un diniego di reale giustizia per le vittime del regime di Saddam Hussein e un ulteriore attentato ai diritti fondamentali a un processo equo e alla vita. "Imponendo la condanna a morte, il Tribunale penale supremo iracheno (Sict) si è semplicemente inchinato al volere della Camera d'appello, che sembra dettato più dal desiderio di vendetta che dalla preoccupazione per la giustizia e un processo equo" - ha commentato la Segretaria generale di Amnesty International, Irene Khan.

Taha Yassin Ramadhan era stato condannato all'ergastolo dall'Sict il 5 novembre 2006, al termine del "processo al-Dujail". Era stato giudicato colpevole, insieme a Saddam Hussein e ad altri sei coimputati, dell'uccisione di 148 abitanti del villaggio sciita di al-Dujail, avvenuta nel 1982 a seguito di un fallito tentativo di assassinio di Saddam Hussein. Il processo si era concluso con tre condanne a morte, tre condanne a pena detentiva e un'assoluzione. Saddam Hussein, Barzan Ibrahim al-Tikriti (suo fratellastro ed ex capo dei servizi segreti) e 'Awad Hamad al-Bandar (ex presidente del Tribunale rivoluzionario), condannati a morte, sono stati impiccati, il primo il 30 dicembre 2006 e gli altri due il 15 gennaio 2007. Nel confermare il verdetto dei tre prigionieri, la Camera d'appello si era rammaricata per la condanna all'ergastolo, giudicata troppo lieve, emessa nei confronti di Ramadhan e aveva rimesso il caso all'Sict, chiedendo una condanna maggiore.

"Saddam Hussein e i suoi coimputati, compreso Ramadhan, avrebbero avuto diritto a un processo equo, nonostante la gravità delle accuse a loro carico. Invece, tutto il procedimento si è rivelato una farsa, che ha allontanato il momento in cui verrà ristabilito lo stato di diritto in un paese che esce da decenni di tirannia" - ha proseguito Khan. "Chiediamo al presidente e al primo ministro dell'Iraq di scongiurare l'esecuzione di Ramadhan e sollecitiamo un intervento dei leader mondiali, compresi George W. Bush e Tony Blair".

Nei giorni scorsi anche Louise Arbour, Alto Commissario Onu per i diritti Umani aveva deplorato la punizione capitale a causa delle irregolarità del processo. L'Alto Commissario ha inviato una nota legale amichevole all'alto tribunale iracheno argomentando che una conversione della condanna a Ramadan violerebbe gli obblighi dell'Iraq secondo il patto internazionale sui diritti civili e politici. La dichiarazione precisa che il patto, che l'Iraq ha ratificato, stabilisce che una condanna a morte puo essere imposta soltanto dopo atti condotti nell'aderenza rigorosa ai requisiti del processo dovuto e garantisce il diritto a chiedere la commutazione della pena o la grazia. Questi diritti, tuttavia, non sono stati concessi a Saddam e ai suoi luogotenenti già giustiziati, quindi - ove il tribunale iracheno accogliesse i rilievi legali - ammetterebbe di aver in precedenza violato gli accordi internazionali. [GB]

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