HRW: la cappa della censura sull'Egitto

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Tempi duri per gli attivisti in Egitto. Il governo rinnova le leggi d'emergenza e fa arrestare dissidenti e pacifisti sotto lo scudo dell'antiterrorismo. Crescono le voci di dissenso, il Paese si chiude a riccio. Stando alle cronache locali un piccolo gruppo di manifestanti (circa 500) ha protestato contro l'intervento Usa in Iraq circondato da un cordone di 2000 poliziotti. Grazie all'estensione dell'Emegency Law, che ha già imbavagliato il paese dal 1958 al 1967 e dal 1981 a oggi, queste riunioni di piazza potranno essere impedite con il semplice pollice verso del governo. Come si potranno spegnere le rotative di un giornale, sbattere in gattabuia chiunque senza un regolare processo e portare un civile alla sbarra militare. Ma gli agenti del Ssi (Egypt's State Security Intelligence) non perdono tempo e hanno consegnato alle patrie galere giornalisti, intellettuali e altri sgraditi oppositori. I diritti umani non sono di casa al Cairo. Se ne sono accorti un centinaio di immigrati e richiedenti asilo (per lo più sudanesi e africani subsahariani) arrestati e presi a randellate dalla polizia locale. Malmenati e in manette anche gli stranieri con il permesso dell'Unchr (l'agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati). Le sacche fondamentaliste e gli oppositori sono avvertiti: l'Egitto-bunker di Mubarak non si lascerà colpire dalle cluster bombs sull'Iraq.

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