Darfur: per Onu non è genocidio, ma le Ong protestano

Stampa

Il governo del Sudan "non ha perseguito una politica del genocidio nel Dafur". E' questo il verdetto di una commissione d'inchiesta dell'Onu le cui conclusioni sono state ufficializzate in serata al Palazzo di Vetro. Il rapporto della commissione, presieduta dal giurista italiano Antonio Cassese, non rappresenta comunque un'assoluzione dei crimini commessi nella regione e nemmeno ne minimizza la gravità. "L'elemento cruciale dell'intenzione di genocidio sembra mancare, per lo meno per quel che concerne le autorità del governo centrale" - nota il rapporto. Tuttavia "questa conclusione non deve essere interpretata in alcun modo come minimizzante la gravità dei crimini perpetrati nella regione. Abusi riconosciuti internazionalmente come crimini contro l'umanità e crimini di guerra sono stati commessi nel Darfur e sono forse non meno gravi di un genocidio". Secondo la Commissione, che ha rinviato il giudizio definitivo a una corte competente, questi gravissimi abusi sarebbero stati commessi anche da individui all'interno del governo del Sudan. La commissione indipendente per i diritti umani nel Darfur era guidata dall'italiano prof. Antonio Cassese, già componente del tribunale penale de L'Aja, e formata dall'egiziano Mohammad Fayek, dalla pachistana Hina Jilani, da Dumisa Ntsebeza del Sud Africa e da Therese Striggner-Scott, del Ghana.

 

Per approfondire: La crisi nel Darfur

Dure le proteste di numerose Ong. L'Associazione ONG Italiane sostiene con forza la posizione dell'Unione Europea che chiede che i crimini contro l'umanità commessi in Darfur siano giudicati dalla Corte Penale Internazionale, avversata da Washington che preme invece per il ricorso ad un tribunale speciale sul modello di quello istituito per il Rwanda. "All'Unione Europea - afferma Sergio Marelli, presidente dell'Associazione ONG Italiane - chiediamo di insistere perché la CPI sia riconosciuta come l'ambito legittimo cui ricondurre il giudizio sui crimini contro l'umanità denunciati dal rapporto Darfur". L'Associazione ONG Italiane non condivide la posizione del governo americano che sostiene di voler coinvolgere attivamente in questo processo i Paesi africani che manterrebbero così la leadership nell'Unione Africana, laddove è noto come, in molte altre occasioni, gli interessi dei Pesi africani siano stati clamorosamente trascurati. "Ancora una volta, come già avvenuto in occasione dell'emergenza nel sud-est asiatico - continua Marelli - assistiamo al paradosso di voler assegnare alle Nazioni Unite compiti di così grande responsabilità, senza però dotarle degli strumenti necessari per portarli a termine, come sarebbe, in questo caso, il rafforzamento della Corte Onu". Secondo l_associazione delle ONG italiane "la posizione del Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che ha richiesto ieri l'invio di una missione composta da diecimila caschi blu, rappresenta per il Darfur la garanzia di un controllo sovranazionale molto utile anche per evitare interventi unilaterali, già attuati in Iraq dall'unione anglo-americana, e riproposti oggi dal Giappone per il Darfur. "Questi interventi fanno sì che le crisi umanitarie si traducano in un pericoloso controllo geopolitico da parte delle grandi potenze internazionali, e nella negazione del diritto internazionale costituito"- conclude Sergio Marelli.

"L'Onu ripete il suo fallimento in Bosnia e in Rwanda dove è rimasta in disparte a guardare senza fare assolutamente nulla mentre venivano commessi i crimini più atroci" - denuncia l'Associazione dei popoli minacciati (APM). Nello scorso agosto l'APM ha inviato una Fact Finding Mission nei campi profughi del Ciad in seguito alla quale ha compilato un rapporto di 100 pagine che contiene informazioni sulla regione fornite da giornalisti, organizzazioni per i diritti umani, organizzazioni di emergenza, istituzioni vicine al governo, profughi e sfollati. Secondo le informazioni raccolte, la popolazione nera del Darfur viene sistematicamente e continuativamente cacciata da milizie arabe sostenute dal regime arabo-fondamentalista del Sudan. I villaggi e quartieri delle popolazioni nere vengono prima bombardati e distrutti, poi avvengono le uccisioni e i massacri. Alle azioni partecipano anche unità militari governative. I servizi segreti lavorano contro i leader politici e gli intellettuali e vengono loro affidati compiti inerenti alla pulizia etnica, sia nel Sudan occidentale sia nel vicino Ciad. L'esercito fornisce armi e uniformi alle milizie e si occupa dei rifornimenti. Le istituzioni pubbliche regionali sostengono la mobilitazione e l'arruolamento nelle milizie.

Secondo l'APM "il regime è quindi responsabile dei molti bombardamenti di obiettivi civili, dei massacri in almeno 117 villaggi, degli omicidi mirati e degli stupri sistematici di migliaia, probabilmente decine di migliaia, di donne e ragazze, delle torture, delle cacciate in massa e di aver provocato la fuga in massa di finora circa 2 milioni di persone. Il regime è altresì responsabile delle persecuzioni dei profughi, della distruzione di probabilmente metà dei villaggi e quartieri, la distruzione dei raccolti e alberi da frutto, per l'avvelenamento dei pozzi d'acqua potabile e per il sistematico furto di bestiame e terra e infine del blocco degli aiuti umanitari per i profughi" Diversi organismiinternazionali stimano che vi siano 2 milioni di profughi e sfollati e che le persone uccise o morte in seguito alle persecuzioni siano circa 120.000. [GB]

Ultime su questo tema

La strada in salita dell’accordo Bangkok-Phnom Penh

02 Agosto 2025
I due eserciti dovrebbero ritirarsi sulle posizioni iniziali e aprire un tavolo di trattativa. (Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo)

Da inizio Legislatura approvati nuovi programmi militari per 42 miliardi

01 Agosto 2025
Dal Parlamento il via libera all’avvio di spese militari dal valore complessivo di oltre 42 miliardi e impegni finanziari pluriennali per 15 miliardi, con impegni annuali superiori al miliardo...

Cosa dobbiamo raccontare ancora, di questo diabolico Risiko? Il punto

25 Luglio 2025
Si parte confine fra Thailandia e Cambogia, con una nuova guerra che pare prendere forma da vecchie dispute. (Raffaele Crocco)

“Tutto è stato distrutto”: la voce di un giornalista da Gaza

22 Luglio 2025
Intervista di Giacomo Cioni a Tareq Hajjaj, reporter palestinese e collaboratore di Mondoweiss.net

Nella nebbia dell’informazione, le guerre continuano. Il punto

18 Luglio 2025
Un vecchio-nuovo fronte aperto, nel Risiko mondiale. Intanto, l’orrore continua a Gaza e in Cisgiordania. (Raffaele Crocco)

Video

Conflict Diamonds in Sierra Leone