Darfur: l'Onu interrompe le operazioni umanitarie

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L'uccisione di tre uomini nei pressi del campo di Zalinge, in Darfur occidentale (Sudan), ha portato alla sospensione di tutte le attività umanitarie delle agenzie della Nazioni Unite nella zona a ridosso del confine con il Ciad. Lo ha riferito all'agenzia Misna l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur/Unhcr), precisando che l'uccisione dei tre dipendenti di una società idrica - che sembrerebbero essere stati linciati da una folla inferocita all'intero del campo profughi di Zalinge - è solo l'ultimo di una serie di episodi violenti avvenuti negli ultimi giorni e che dimostra la grande insicurezza che ancora si registra nell'area. Negli ultimi due giorni, fanno sapere fonti Onu, due organizzazioni non governative (ong) sono state attaccate da uomini armati nell'area del Djebel Mara, a nord di Zalinge. Mercoledì alcuni dipendenti di una ong sono stati rapiti e rimasti per molte ore nelle mani di alcuni miliziani che li hanno rilasciati solo in tarda serata. La scorsa settimana l'autista di un'organizzazione umanitaria è stato ucciso a El Geneina (capoluogo del Darfur Occidentale) da banditi armati, mentre dieci giorni fa un operatore umanitario è stato freddato da ignoti in Darfur settentrionale.

Intanto nei giorni scorsi, in occasione della Conferenza dei donatori a Brussels, Amnesty International ha sollecitato il rafforzamento della Missione dell'Unione africana in Sudan (Amis), in modo che le sue truppe possano garantire un'effettiva protezione alla popolazione civile del Darfur. Nonostante la firma, a maggio, dell'Accordo di pace per il Darfur e la presenza, dal giugno 2004, dell'Amis, la crisi umanitaria nel Darfur resta catastrofica e gli abusi nei confronti della popolazione civile proseguono su scala massiccia.

"Amnesty International sostiene il dispiegamento di una forza di peacekeeping dell'Onu con un mandato forte. Nel frattempo, è fondamentale che l'Amis sia potenziata e che possa iniziare a proteggere i civili" - ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell'ufficio di Amnesty International presso l'Unione europea. L'organizzazione ha sottoposto alla conferenza dei donatori un documento sulla situazione dei diritti umani in Darfur, contenente dieci raccomandazioni formulate per favorire la presenza nella regione di una forza di peacekeeping in grado di proteggere la popolazione civile. Gli sforzi dei militari attualmente presenti in Darfur sono ostacolati dalla mancanza di personale e di risorse tecnico-logistiche nonche' dall'impossibilita' da parte delle truppe di agire con fermezza per proteggere i civili.

"Ancora una volta, vediamo rimandare indietro persone che chiedono aiuto, perche' le truppe dell'Amis non sono capaci o non sono preparate a dare loro la necessaria protezione" - ha commentato Oosting. "In occasione di questa Conferenza, i donatori possono fare una grande differenza, sia mettendo a disposizione maggiori risorse, sia mandando al Sudan un forte segnale politico: Khartoum deve consentire libero accesso ai peacekeeper in tutte le zone del Darfur". Amnesty International raccomanda ai donatori di assicurare l'espansione dell'Amis, attraverso: un'efficace componente civile; la messa a disposizione di maggiori risorse materiali, come mezzi di trasporto e comunicazione, utili ad agire con tempestivita' in caso di attacchi imminenti contro i civili; un'adeguata protezione per le donne e le bambine; la capacità di pattugliare i percorsi lungo i quali arrivano i rifornimenti, in modo che essi rimangano aperti e sicuri. Si tratta di una questione vitale, sottolinea Amnesty International, in una regione in cui almeno due milioni di persone sono completamente dipendenti dagli aiuti umanitari; - il dispiegamento delle truppe lungo la frontiera col Ciad, in modo da impedire incursioni oltreconfine da parte delle milizie Janjaweed. [GB]

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