Congo: un difficile processo di pace

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"L'Unione europea deve inviare un contingente di pace in Congo!" Lo sostiene l'Associazione per i Popoli Minacciati, soprattutto in seguito alle ultime accuse di cannibalismo da parte delle milizie presenti nella regione orientale del Congo. Nel paese continuano le violazioni dei diritti umani a danno della popolazione civile: arruolamento forzato di bambini soldato, saccheggi, pulizie etniche e violenze sessuali sono all'ordine del giorno. Solamente negli ultimi giorni 20.000 persone sono scappate verso l'Uganda.

Il portavoce della Monuc (Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica democratica del Congo) Hamadoun Touré ha diffuso in questi giorni un primo bilancio delle violenze che per due settimane hanno sconvolto Bunia, capoluogo dell'Ituri, nel nord est della Repubblica democratica del Congo, teatro degli scontri tra i ribelli dell'Unione patrioti congolesi (Upc) e gruppi armati di giovani di etnia Lendu. Pochi giorni fa i cinque gruppi armati coinvolti nei conflitti di Bunia hanno firmato un accordo per cessare le ostilità e rilanciare il progetto di pace in Ituri.

Secondo l'UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs in Congo, "miliziani incontrollati" stanno impedendo che gli aiuti umanitari raggiungano le migliaia di sfollati a nord e a sud di Bunia. La situazione è critica anche in Uganda, mèta del continuo flusso di rifugiati, dove il crescente consumo delle risorse disponibili potrebbe causare tensioni interne.

"A Bunia si vive ancora nel terrore che da un momento all'altro possano riprendere i combattimenti: c'è assoluta insicurezza e la gente continua a fuggire. Stiamo iniziando solo ora a capire cosa è accaduto nei giorni scorsi: moltissime persone sono state uccise non con armi da fuoco, ma nei modi più orribili con machete, lance, coltelli. Se la comunità internazionale non interviene al più presto c'è il rischio di nuove violenze" - ha detto a Misna un sacerdote di Bunia - "Purtroppo i 'caschi blu' delle Nazioni Unite non garantiscono sicurezza alla popolazione. Siamo molto preoccupati per quello che è accaduto all'esterno della città: anche i pochi giornalisti presenti a Bunia non si azzardano a uscire dal centro abitato e nessuno, nemmeno la Monuc, ha reale consapevolezza dei combattimenti fuori città e in altre località".

Fonti: Associazione per i Popoli Minacciati, Human Rights Watch, Misna, Integrated Regional Information Networks;

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