Srebrenica, diciott’anni dopo

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Srebrenica. Che cosa è rimasto nella coscienza collettiva dei cittadini europei di quanto accadde nel cuore dell’Europa l’11 luglio 1995? A ragion del vero è un po’ l’insieme di quella tragedia che concluse il Novecento europeo che oggi appare rimossa, incasellata nella categoria di “guerra etnica”, segnata dal pregiudizio dell’ignoranza e dei luoghi comuni, sterilizzata dalla falsa coscienza di un’Europa incapace di riflettere su se stessa e infine dimenticata, come se non avesse nulla di importante da dirci.

Tutto questo rende il genocidio di Srebrenica, quelle 8372 (o forse più) vite spezzate sotto gli occhi di una comunità internazionale distratta, quando non complice, se possibile, ancora più doloroso. Perché se per i famigliari delle vittime la ferita più aperta è quella di dare riconoscimento e sepoltura a quanti ancora giacciono nelle fosse comuni e, insieme, il desiderio di avere giustizia (se pensiamo che le condanne comminate per quanto accadde a Srebrenica diciott’anni or sono si contano sulle dita di due mani), l’aspetto che più in generale risulta insopportabile è rappresentato dal fatto che il nome di questa antica città non rappresenti motivo di riflessione per l’insieme della coscienza civile europea e mondiale.

Come non vedere che nel genocidio di Srebrenica era in discussione l’idea stessa di Europa come insieme di minoranze che quando non si sono più riconosciute come tali, rivendicando primati o egemonie, hanno prodotto le più immani tragedie?

Come non comprendere che nella distruzione dei luoghi della cultura e di città come Sarajevo o Mostar si voleva cancellare ogni forma di sincretismo che la storia ha prodotto nel cammino fra oriente e occidente?

Come non capire che nella guerra che ha lacerato i Balcani c’era una partita tutt’altro che riconducibile ad antichi conflitti ma piuttosto alla postmodernità, ovvero la natura criminale di quella strana transizione fra comunismo e capitalismo o la sottile continuità fra potere burocratico e deregolazione?

Srebrenica. Oggi hanno trovato sepoltura nel cimitero di Potočari altri 409 corpi ai quali è stato dato un nome. Un luogo di silenzio e di pace. Domani a Bratunac, poco distante da Srebrenica, si ricorderanno altre vittime, ancora contrapposte. Fin quando a quelle domande non sarà data risposta, se non ci sarà un serio lavoro di elaborazione del conflitto, le ferite profonde lasciate dalla tragedia balcanica non troveranno pace.

Michele Nardelli

Fonte: Osservatorio dei Balcani

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