Save the Children: sempre più rischi per i bambini in Sudan

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L'organizzazione internazionale indipendente di tutela e promozione dei diritti dei bambini nel mondo ha rafforzato l'intervento di aiuto in Darfur (nel Sudan occidentale) nel timore che la situazione possa peggiorare per le centinaia di migliaia di minori costretti ad abbandonare, insieme alle famiglie, le proprie case a causa delle violenze etniche che stanno squassando la regione da 15 mesi a questa parte.

L'ulteriore minaccia che incombe sui 2 milioni e 200 mila civili coinvolti nella gravissima crisi umanitaria sono le violente piogge estive, quest'anno in anticipo. "Prevediamo un peggioramento della situazione nei prossimi sei mesi nonostante l'incremento degli aiuti. La stagione delle piogge renderà sempre più difficile l'opera di distribuzione di cibo e di assistenza in generale", dice Rudy Von Bernuth, Vicepresidente di Save the Children Stati Uniti e Direttore del Dipartimento Emergenze e Crisi.

"I casi di malnutrizione sono in crescita, specialmente fra i bambini", prosegue. "Stiamo creando dei centri di emergenza per intervenire almeno sulle situazioni più gravi. La possibilità per migliaia di bambini di morire di fame e malattie è molto concreta. In particolare c'è il rischio di esplosione di epidemie di malaria, morbillo e colera".

In risposta alla crisi nell'ovest del Sudan, Save the Children ha concentrato il suo intervento di aiuto nel Darfur occidentale. L'agenzia ha fornito tende e un rifugio temporaneo a 16.000 famiglie, sta supportando il World Food Program nella distribuzione di cibo a oltre 284.000 sfollati, sta contribuendo a fornire aiuti sanitari e acqua potabile.

Save the Children inoltre richiama l'attenzione sul problema della sicurezza e protezione degli sfollati (circa 1 milione) e rifugiati nei campi profughi (180 mila in Ciad). Nel corso di un recente sopralluogo in uno dei campi del Darfur, gli operatori dell'organizzazione internazionale hanno visitato 5 donne che erano state aggredite a poca distanza dal campo.

"Per i civili ospitati nei campi rifugiati", conclude il Vicepresidente di Save the Children Stati Uniti, "avventurarsi fuori della struttura può essere più pericoloso che tornare a casa".

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