Kosovo: Kfor e Unmik nella tratta della prostituzione

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A quasi due mesi dai violenti scontri che hanno riaccesso i riflettori sul Kosovo, Amnesty International ha diffuso un nuovo rapporto che denuncia la sofferenza delle donne che sono vittime della tratta e vengono costrette a prostituirsi. Un fenomeno che è cresciuto fortemente con la presenza del personale della comunità internazionale che costituisce il 20% di coloro che si servono delle prestazioni delle donne e delle adolescenti vittime della tratta. Dal 1999, col dispiegamento della forza internazionale di peacekeeping (Kfor) e l'istituzione della missione delle Nazioni Unite per l'amministrazione ad interim del Kosovo (Unmik), il territorio è diventato uno dei principali luoghi di destinazione delle donne e delle adolescenti vittime della tratta e della prostituzione forzata. Il rapporto precisa che la maggior parte delle vittime provengono, passando spesso attraverso la Serbia, da Moldova, Romania, Bulgaria e Ucraina. Allo stesso tempo, aumenta il numero delle donne e delle adolescenti kosovare vittime della "tratta interna" e poi trasferite all'estero.

"Data l'importanza strategica della presenza dell'Unione europea in Kosovo, con oltre 36.000 soldati in servizio nella Kfor, chiediamo che sia fatto di più, sia sul piano finanziario che su quello legale, per contribuire a combattere una pratica ripugnante che si svolge proprio di fronte alla nostra porta di casa" - ha dichiarato Dick Oosting, direttore dell'ufficio di Amnesty International presso l'Unione europea. "Le donne e le adolescenti vengono trasferite dal Kosovo verso svariati paesi dell'Unione europea, tra cui Italia, Olanda e Gran Bretagna. Occorre agire più efficacemente per prevenire la tratta e proteggere le vittime, i cui diritti vengono spesso lasciati privi di tutela legale". Il personale della Missione ad interim delle Nazioni Unite in Kosovo (Unmik) e della Forza militare internazionale in Kosovo a guida Nato (Kfor) gode di un'immunità generale, salvo i casi in cui le inchieste vengano esplicitamente sollecitate dal Segretario generale dell'Onu o, nel caso della Nato, dai rispettivi comandanti nazionali. Inchieste del genere sono state aperte in due occasioni, rispettivamente nel 2002 e nel 2003, e hanno consentito un procedimento nei confronti di altrettanti agenti di polizia.

"La ricostituita polizia locale apparentemente multietnica gestisce l'ordine pubblico e la presenza militare NATO almeno per le strade è molto discreta - scrive Daniele Aronne dell'Operazione Colomba che continua - l'amministrazione delle Nazione Unite è a regime, ci sono state libere elezioni che hanno eletto Ibraim Rugova Presidente, ma manca una ricostruzione del tessuto sociale. Sebbene facciano eccezione alcune zone dove la convivenza tra serbi e albanesi si riaffaccia alla finestra dell'audacia grazie soprattutto ad alcune personalità carismatiche che hanno saputo fare della riconciliazione e del perdono un impegno concreto per il resto oggi i serbi vivono rinchiusi nei propri villaggi, circondati e "protetti" dai militari della NATO, rischiando un linciaggio ogni qualvolta che ne escono anche solo per andare a fare la spesa in città". Il lavoro dell'Operazione Colomba in quest'area è inserito in un progetto del "Tavolo Trentino con il Kossovo" e si basa essenzialmente su due pilastri: da un lato rispondere alle esigenze quotidiane delle persone più in difficoltà e bisognose, dall'altro ricostruire i ponti del dialogo e della convivenza pacifica tra le parti attraverso un lavoro quotidiano di instaurazione di rapporti umani e di fiducia.[AT]

Altre fonti: Operazione Colomba, Equilibri.net

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