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Armi atomiche: un rischio che non ci possiamo permettere
Genocidi
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Siamo giunti anche quest’anno all’anniversario della bomba su Hiroshima. 69 anni per dire “mai più” ma anche per registrare progressi e battute d’arresto, se non vere e proprie preoccupanti inversioni di tendenza, su quel processo di progressivo disarmo nucleare che resta un imperativo etico e politico per tutta l’umanità. Dopo i timori di un possibile – per alcuni imminente – conflitto atomico che, come uno spettro, terrorizzava il mondo negli anni 50 e 60, la fine della guerra fredda aveva aperto grandi orizzonti di speranza. Attraverso trattati bilaterali le superpotenze USA e URSS promettevano una riduzione dell’enorme arsenale nucleare posseduto, mentre, a livello internazionale, la AIEA, l’agenzia dell’Onu per l’energia atomica, cercava in tutti i modi di attuare effettivamente il trattato di non proliferazione nucleare. Sono passati 25 anni dal crollo del muro di Berlino e la situazione sembra peggiorare.
Partiamo dagli eventi più recenti. Pochi giorni fa gli Stati Uniti hanno accusato apertamente la Russia di aver violato il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty ). Il trattato, firmato l’8 dicembre 1987 da Gorbaciov e Reagan, mise fine alla questione degli Euromissili che tanto aveva diviso l’opinione pubblica europea. L’accordo, tuttora in vigore, prevede il divieto di possesso, produzione e i test di lancio di missili nucleari a raggio intermedio (ground-launched cruise missile) nonché la produzione di rampe di lancio per tali missili. Ora sembra che la Russia abbia dislocato ai confini dell’Unione Europea questo tipo di rampa che potrebbe portare missili con un raggio dai 500 ai 5000 kilometri.
Hans Kristensen, uno dei massimi esperti di armi nucleari, è molto preoccupato per i possibili risvolti della questione. Occorre domandarsi – sottolinea lo studioso – perché Obama soltanto ora abbia voluto aprire direttamente il confronto, quando il problema della presunta violazione russa era già emerso nel 2007. Non si tratta semplicemente di “alzare la posta” in un momento di profonda tensione con la Russia dopo la crisi ucraina, ma di puntare il dito contro un evento che, se confermato, riporterebbe indietro l’orologio al 1976 quando l’Unione Sovietica aveva dislocato a ridosso dei confini europei i missili SS-20. Ebbene pare che Putin abbia seguito le orme del suo predecessore Breznev: all’inizio del 2014 alcune rampe di missili Cruise sarebbero state portate alla base di Luga, nella regione di San Pietroburgo, a circa 120 kilometri dal confine con l’Estonia, cioè con l’Unione Europea. Alcune fotografie sarebbero inequivocabili. Le schermaglie diplomatiche continuano, ma, avverte Kristensen, è possibile che la Russia si ritiri apertamente dal trattato con conseguenze imprevedibili sullo scenario internazionale. Gli Stati Uniti non si fiderebbero più della controparte e anche l’effettiva concretizzazione del trattato New Start (sulla riduzione dell’arsenale nucleare, firmato nel 2010) sarebbe a rischio. Infine sarebbe molto difficile imporre ad altri Paesi un taglio sulle armi nucleari o la messa da parte delle loro ambizioni atomiche. Sembra proprio però che questo sia lo scenario futuro più probabile.
A fronte di questo scivolosissimo crinale le campagne di mobilitazione per il disarmo nucleare si fanno più intense. In Austria all’inizio di dicembre è prevista la terza conferenza internazionale sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari: un incontro che viene dopo quello di Oslo nel marzo del 2013 e quello di Nayarit in Messico, svoltosi nel mese di febbraio di quest’anno. Si tratta di eventi organizzati a livello internazionale con il coinvolgimento dell’Onu, dei singoli Stati e delle Ong che si occupano di questo tema. Contestualmente alla conferenza di dicembre (che si terrà a Vienna l’8 e il 9 dicembre 2014) anche la società civile si muove. L’Ican (la campagna internazionale per l’abolizione delle armi atomiche) prepara per i giorni precedenti un forum per dibattere sull’evolversi della situazione, in particolare sulla diffusione globale della consapevolezza della pericolosità di questi armamenti.
Nel nostro Paese, la Rete italiana per il disarmo, da sempre aderente alla campagna internazionale Ican, nei giorni scorsi, insieme ad altre associazioni, ha presentato una serie di mozioni parlamentari per spingere il Governo a impegnarsi maggiormente nella direzione del disarmo nucleare.
L’iniziativa è coordinata al Senato dalla Senatrice Silvana Amati (PD), componente dell’intergruppo “Parlamentari per la pace”, che ha dichiarato: “Abbiamo accolto con convinzione la proposta degli amici della Rete Disarmo e di Beati i Costruttori di Pace di una mozione sul disarmo nucleare”. Occorre infatti ribadire “la responsabilità delle istituzioni di mantenere viva la memoria di tragedie come quella di Hiroshima e Nagasaki, perché su queste esperienze si costruisca un solido futuro di Pace” ha concluso la senatrice Amati.
Per sensibilizzare i cittadini sul tema sono previsti vari appuntamenti, uno fra tutti la manifestazione Pace in Bici, che partirà proprio oggi da Asiago per ricordare la distruzione delle due città giapponesi, raccogliendo adesioni a Mayors for Peace, e per sostenere l'impegno per la pace e il disarmo; Pace in Bici si concluderà, come sempre, davanti alla base di Aviano, dove sono tuttora custodite una cinquantina di armi nucleari.