Mine: altri quattro stati dichiarati liberi, Italia e vari paesi ricchi dimezzano i fondi

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"Mentre l’Italia e altri paesi del Nord del mondo continuano a dimezzare i fondi per la bonifica di terreni minati e per il recupero delle vittime da mina, il Sud del mondo è sempre più protagonista per risolvere un problema che lo riguarda direttamente nonostante la maggior parte delle mine in circolazione sia stato prodotto altrove". E' il commento all'agenzia Misna di Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine, che nei giorni scorsi ha rilasciato all'agenzia un commento di valutazione della II Conferenza di revisione del Trattato di Ottawa per la messa al bando delle mine anti-persona che si è tenuta ai primi di dicembre a Cartegena (Colombia). La Conferenza si è conclusa con l’annuncio di altri quattro paesi – Rwanda, Zambia, Albania e Grecia – dichiarati liberi da mine,

Il direttore della Campagna italiana ha sottolineato in particolar modo la presenza massiccia di rappresentanti della società civile internazionale alla Conferenza di Cartegena revisione, ma anche il progressivo arretramento del Nord del mondo di fronte a un problema che ha contribuito a creare. La Conferenza ha infatti riunito oltre mille delegati provenienti da tutto il mondo e si è conclusa con l’adozione, da parte di 120 governi, del Piano d’azione di Cartagena (in .pdf) che fissa gli obiettivi da conseguire nei prossimi cinque anni per un mondo finalmente libero da mine e altri ordigni.

Un quinquennio importante anche perché per la prima volta si darà maggiore attenzione al recupero e all’assistenza delle vittime da mina il cui destino è spesso legato a doppio filo alla reale capacità del paese in cui vivono di far fronte a bisogni ed esigenze particolari. Sottolineando l’elemento fondamentale alla base del Trattato – nato da una iniziativa diplomatica ‘dal basso’ organizzata dalla società civile internazionale – Sylvie Brigot, direttrice della Campagna internazionale contro le mine (Icbl), ha detto che in futuro sarà ancora "l’alleanza tra governi e società civile a determinare il successo del Trattato", ma ha anche detto che tra i paesi del nord del mondo soltanto l’Australia ha tenuto fede agli impegni presi per sostenere le attività di bonifica e di recupero delle vittime.

"Proprio l’assistenza a chi è sopravvissuto all’esplosione di una mina – dice una nota della Icbl – ai loro familiari e alle comunità locali i cui territori non sono stati bonificati sono stati i temi più significativi affrontati durante la conferenza anche perché è proprio questo l’ambito in cui si sono registrati i progressi meno evidenti". Aperto alla firma nel 1997 ed entrato in vigore nel 1999, il Trattato di Ottawa ha finora raccolta le adesioni di 156 paesi; a non aver firmato sono però 39 stati tra cui alcuni stati chiave tra i quali Stati Uniti (a Cartegena presenti per la prima volta con una delegazione), Cina, India, Russia e Pakistan.

L’Africa, in particolare, è arrivata all’appuntamento colombiano con alcuni successi già acquisiti e alcuni annunci importanti: dopo aver dichiarato "liberi da mine" Swaziland (2007), Malawi (2008) e Tunisia (2009), la Campagna internazionale per la messa al bando delle mine (ICBL) ritiene che anche Rwanda, Zambia e Gibuti abbiano completato o siano vicine a risolvere la questione mine entro le scadenze fissate dal Trattato di Ottawa (Gibuti ha virtualmente completato la bonifica, ma la questione è collegata a dispute frontaliere con l’Eritrea) mentre, cambiando continente, l’Albania si è aggiunta agli 11 paesi già dichiarati ufficialmente liberi dalle mine.

Secondo l’ultimo "Landmine Monitor Report" - il documento che su base annuale fa il punto della situazione - significativi progressi nella bonifica di territori minati sono stati compiuti anche in paesi che non hanno firmato il Trattato, in particolare Cina, Iran, Libano, Marocco, Nepal, Taiwan e Sri Lanka.

A Cartagena non sono mancati alcuni campanelli d’allarme: dopo i 15 paesi che nel 2008 chiesero una proroga per completare la bonifica dei territori minati, quest'anno la stessa richiesta è stata fatta da Argentina, Cambogia, Tagikistan e Uganda. "Alcune richieste sono ovviamente giustificate – ha detto dice all'agenzia Misna Schiavello – e in alcuni casi la responsabilità è condivisa da paesi ricchi venuti meno agli impegni presi per sostenere le attività sul campo per la bonifica dei campi minati e per il recupero delle vittime".

Positiva eccezione rispetto a questa tendenza è stata l’inedita presenza a Cartagena di una delegazione degli Stati Uniti (paese non firmatario). In una nota alla Conferenza, la delegazione di Washington ha informato i partecipanti che l’amministrazione Obama ha cominciato una generale revisione della politica americana sulle mine anti-persona. Un fatto importante: secondo Human Rights Watch, gli Stati Uniti hanno un arsenale di 10 milioni di mine, e sebbene non le abbiano usate dal 1991, dalla prima guerra del Golfo Persico, si riservano ancora il diritto di farlo. Gli Stati Uniti - evidenzia sempre HRW - non hanno hanno esporrtato mine antipersona dal 1992, non le producono dal 1997 e non hanno in atto programmi per la loro acquisizione in futuro.

Fonte: Misna

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