L'8 agosto a Padova, oltre la commemorazione

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La toccante testimonianza di Seiko Ikeda, sopravvissuta all'esplosione nucleare del 6 agosto 1945 a Hiroshima, ha aperto i lavori del convegno internazionale "Mettere al bando le armi nucleari" che si è svolto a Padova l'8 agosto, con un monito alla collaborazione e al dialogo su scala mondiale: "Affinché di superstiti come noi - ha augurato - non ce ne siano più". Il ricordo delle tragiche vicende giapponesi si è mutato in occasione per fare il punto sui rischi del nucleare nel mondo e le prospettive future.

"L'attuale è un momento tragico - ha esordito Lisa Clark dei Beati i costruttori di pace, associazione che insieme alla Rete italiana per il Disarmo ha promosso le iniziative italiane nella ricorrenza del 60° anniversario dai fatti di Hiroshima e Nagasaki - Dopo l'incontro di revisione del trattato di non proliferazione nucleare, che si è tenuto a maggio a New York, si è evidenziata la frattura tra la mobilitazione in favore del disarmo promossa dalla società civile e le decisioni dei governi delle grandi potenze. Nelle precedenti conferenze le armi nucleari erano state proclamate all'unanimità illegali e immorali, e si era sancito l'obbligo degli stati di lavorare per la loro messa al bando totale. Un percorso che negli ultimi anni è stato interrotto".

Una storia lontana quella dell'atomica, che comincia dal saccheggio delle risorse del Sud del mondo con la vendita dell'uranio proveniente dai giacimenti del Congo belga, e che oggi - fenomeno tra i più preoccupanti - sta imboccando percorsi che tendono alla realizzazione di armi innovative, basate su processi di recente studio. "Il legame tradizionale tra nucleare civile e nucleare militare - ha sottolineato Angelo Baracca, del Comitato Scienziati contro la guerra - risiede nelle tecniche di arricchimento dell'uranio e nella separazione del plutonio dal combustibile esaurito delle centrali. Ora, però, il nucleare militare sta fagocitando settori di ricerche civili, quali lo studio per l'uso del trizio (elemento fondamentale per la realizzazione della fusione nucleare controllata), in cui sono impegnati molti paesi e di difficile controllo. Determinando una "legale" situazione di pericolo, in quanto tali armi non violano i trattati esistenti perché in essi non comprese".

In Europa sono 480 le testate tattiche americane, 90 delle quali presenti in Italia (40 nell'aeroporto militare di Ghedi, a Brescia, e 50 nella base Usaf di Aviano). Una disattenzione al problema comune alle forze politiche attuali e a quelle precedenti, ha ribadito la senatrice Tana De Zulueta della Commissione Difesa, osservando tra l'altro come le armi nucleari, chimiche e biologiche vengano poste sotto lo stesso cappello generico di "armi di distruzione di massa". Una definizione che risulta etimologicamente corretta ma che contribuisce ad attutire la piena consapevolezza delle differenze e dei rischi. "Grande attenzione dovrà nel futuro imminente essere prestata - ha spiegato la senatrice - perché i paesi europei non offrano il loro arsenale per la salvaguardia della sicurezza dell'Unione".

"Il fallimento epocale della settima conferenza di revisione del trattato di non proliferazione - ha concluso Angelo Baracca - deve spingerci a trasformare questa debolezza in punto di forza. Il disarmo nucleare è un obbligo imposto dal diritto internazionale: abbiamo dunque il dovere di richiederlo, collegandoci a tutte le iniziative già in atto che si muovono nella stessa direzione".

di Cinzia Agostini

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