Etiopia-Eritrea: Cipsi, embargo totale sulla vendita di armi

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"Denunciamo la violazione dei diritti umani in Etiopia ed Eritrea". Inizia così la dichiarazione di Guido Barbera, presidente del CIPSI - coordinamento di 37 Ong e associazioni di solidarietà internazionale. "Invitiamo il Governo Italiano, e tutta la Comunità Internazionale e le Nazioni Unite, a sorvegliare affinché non inizi una nuova escalation militare che potrebbe degenerare in aperta ostilità. Chiediamo alle Istituzioni internazionali di attuare un embargo totale sulla vendita di armi ai due Paesi. Sollecitiamo i Governi di Eritrea ed Etiopia a mettere in atto tutte le misure politiche e diplomatiche necessarie affinché venga finalmente risolta la disputa sui confini di stato tra i due Paesi. Chiediamo di vincolare l'attività di cooperazione internazionale ad una reale smobilitazione delle forze armate dei due Paesi ed alla pacificazione nella regione".

E' la sintesi di un documento approvato dalla recente assemblea del CIPSI -Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale-, che assume maggior rilievo perché alcune associazioni del Coordinamento sono impegnate da decenni in un cammino comune di solidarietà con le popolazioni dei due Paesi.

"Esprimiamo e ribadiamo i sentimenti di amicizia e vicinanza con i popoli di Eritrea ed Etiopia, così duramente colpiti negli ultimi anni a causa della guerra fratricida e delle ricorrenti carestie e siccità", afferma il presidente del CIPSI, Guido Barbera.

"Il CIPSI - continua Barbera - chiede ai Governi di Eritrea ed Etiopia, al Governo Italiano e, tramite esso, a tutta la Comunità Internazionale e alle Nazioni Unite, di mettere in atto tutte le misure politiche e diplomatiche necessarie affinché venga finalmente risolta la disputa sui confini di stato tra i due Paesi. Nonostante l'armistizio siglato alla fine del 2000 e il pronunciamento nel 2002 di una Commissione indipendente internazionale, voluta sia dall'Eritrea che dall'Etiopia, che ha definito la linea di demarcazione del confine, tuttora presidiata da un contingente militare dell'ONU, i due Paesi non hanno ancora siglato un vero trattato di pace e sono di fatto in una situazione di guerra non guerreggiata che obbliga centinaia di migliaia di giovani a rimanere sotto le armi per anni, senza alcuna certezza sul termine del servizio militare, e senza la possibilità di prendersi cura della propria vita, della propria famiglia, del proprio lavoro".

"Il CIPSI - afferma Barbera - denuncia la violazione dei diritti umani perpetrata in entrambi i Paesi a danno delle popolazioni, soprattutto dei giovani, costretti ad una arruolamento forzato nell'esercito, senza peraltro un salario adeguato e senza alcuna certezza sui tempi di smobilitazione. In particolare denuncia la violenta repressione poliziesca delle proteste studentesche scoppiate ad Addis Abeba in seguito alle recenti elezioni politiche, delle quali peraltro non si conosce ancora l'esito ufficiale, nonché la limitazione della libertà di stampa messa in atto ormai da diversi anni dal Governo di Asmara. Chiede al Governo di Asmara di garantire i diritti umani per i diversi oppositori politici, giornalisti, studenti, e semplici cittadini, incarcerati dal 2001, per i quali peraltro non si è ancora provveduto ad un giudizio pubblico ed imparziale, ed in alcuni casi non si sa più nulla".

"Il CIPSI - conclude Barbera - invita il Governo Italiano, e tramite esso tutta la Comunità Internazionale, a sorvegliare affinché non inizi una escalation militare che potrebbe degenerare in aperta ostilità. Chiede al Governo Italiano, e tramite esso a tutta la Comunità Internazionale, di vincolare l'attività di cooperazione internazionale ad una reale smobilitazione delle forze armate dei due Paesi. In particolare chiede al governo degli Stati Uniti di vincolare il recente stanziamento di 674 milioni di dollari a favore di Eritrea ed Etiopia alla effettiva pacificazione della regione. In assenza di segnali concreti di smobilitazione delle forze armate e pacificazione, il CIPSI propone al Governo Italiano e a tutta la Comunità Internazionale di attuare un embargo totale sulla vendita di armi ai due Paesi, così come ratificato nella legislazione internazionale per Paesi di fatto in guerra, e dove non vengono rispettati i diritti umani".

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