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Tra le grida e i (vigliacchi) silenzi
Difesa popolare nonviolenta
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Foto: Gaza FREEstyle
Al di là delle valutazioni politiche circa la manipolazione delle informazioni, quel che colpisce in questi giorni è l’imbarbarimento sociale di cui i media sono diventati al tempo stesso veicolo e riflesso, scrive Patrizia Cecconi, che della Palestina, in Italia, sa come oramai pochissime altre persone viventi e di cui possiamo solo immaginare il dolore nel vedere a quale livello di semplificazione e superficialità possano giungere i commentatori improvvisati chiamati a dire “la loro” nei talk show. Patrizia comincia il suo pezzo ricordando Vittorio Arrigoni, scrittore, reporter e militante italiano ucciso nel 2011 a Gaza e per Gaza, dopo essere stato sequestrato, bendato, seviziato e filmato. Vittorio, scrive Patrizia, sapeva che, malgrado l’orrore dell’assedio cui veniva sottoposta la sua Gaza, l’odio verso un nemico così facile da odiare per la sua ferocia avrebbe portato altro male. Avrebbe fatto perdere quell’umanità, intesa nella sua accezione migliore, che separa la giustizia dal desiderio di vendetta. È una lezione indimenticabile, quella di Vittorio, che oggi sembra completamente rimossa. Sembra. Oppure ci viene solo fatto credere che sia davvero così, oppure questa guerra – che Repubblica continua a chiamare “nuova” nei suoi “occhielli” giornalistici di apertura, probabilmente per spiegare ai suoi lettori che viene… dopo quella dell’Ucraina – è la stessa di sempre e chi vi si oppone davvero saprà sorprenderci ancora una volta. La storia sa meravigliarci e segue spesso percorsi misteriosi. “Io che non credo alla guerra, non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai vorrei essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire – fra cent’anni – vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: ‘Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare’, ha scritto una volta Vittorio Arrigoni. La resistenza dei Palestinesi è la resistenza per antonomasia, lo sanno tutti, forse anche perché non s’è mai rassegnata. Nessuno è mai riuscito a farle smettere di sognare.
“Restiamo umani” era la firma, e insieme l’esortazione, con cui Vittorio Arrigoni chiudeva i suoi reportage da Gaza in quei 21 giorni tra il dicembre del 2008 e il gennaio del 2009 in cui Israele massacrava indiscriminatamente uomini, donne, vecchi e bambini, colpendo anche ospedali, scuole, ambulanze e facendo, in sole tre settimane, migliaia di feriti e 1.400 morti tra cui circa 300 bambini, molti dei quali lentamente bruciati con il fosforo bianco, altri fatti a pezzi dalle bombe e altri ancora schiacciati sotto le macerie delle loro case sbriciolate dai bombardamenti. Restiamo umani, nonostante tutto, chiedeva Vittorio.
Lo chiedeva ai superstiti, perché sapeva che l’odio verso un nemico così facile da odiare per la sua ferocia avrebbe portato altro male, avrebbe fatto perdere quell’umanità, intesa nella sua accezione migliore, che separa la giustizia dal desiderio di vendetta. Restiamo umani, ma non rassegnati, e lottiamo per ottenere la fine dell’assedio di Gaza e la fine dell’occupazione di tutti i Territori palestinesi.
Ma Vittorio venne ucciso nel 2011 e non poté ripetere la sua invocazione durante il massacro del novembre 2012 o dell’estate 2014 che fece oltre 2300 vittime tra cui circa 500 bambini, o quello del 2021 e oggi, ottobre 2023, dopo la sanguinosa azione armata di Hamas, che ha inaspettatamente mostrato la non onnipotenza di Israele, ci pensano le Tv mainstream a farci capire che quell’esortazione si è trasformata in nulla e lo fanno sottacendo, tra l’altro, la pluridecennale serie di orrendi crimini commessi dal terrorismo ebraico prima della fondazione di Israele, e dal “legalizzato” terrorismo israeliano dal 1948 in poi, come mostrano fatti inequivocabili, documentati e condannati anche da molti ebrei, israeliani e non...