Sudan: lenti passi di pace tra intimidazioni nel Darfur

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I colloqui di pace aperti lunedì scorso ad Abuja, capitale della Nigeria, per cercare una soluzione negoziata al conflitto che imperversa nel Darfur (Sudan occidentale) segnano solo lenti progressi. L'ostacolo principale è quello del disarmo. "Da una parte i combattenti del Darfur - raccolti nei due movimenti armati Sla-m e Jem - sostengono che prima di pensare a un accantonamento delle proprie truppe e a un successivo disarmo è necessario raggiungere un accordo politico col governo sudanese riguardo alla spartizione del potere e delle ricchezze della regione da applicare nel più breve tempo possibile; dall'altra Khartoum sostiene che nessun negoziato politico è possibile in presenza di gruppi armati, anteponendo quindi il disarmo a ogni altro passo sulla via del dialogo" - riporta oggi l'agenzia Misna.

Il governo di Khartoum ha comunque ceduto alle pressioni internazionali per l'invio di un contingente militare al fine di monitorare il rientro dei rifugiati e il disarmo dei responsabili delle atrocità nel Darfur. Una decisione che ha convinto le Nazioni Unite a posticipare il termine ultimo per il rispetto della risoluzione di fine luglio - nota l'agenzia Warnews. Il comunicato governativo ha delle condizioni allegate - Khartoum chiede che il contingente sia utilizzato esclusivamente per contenere e smobilitare i ribelli - ma alle Nazioni Unite è sembrato sufficiente per convincerle ad accordare un rinvio di una settimana dell'ultimatum deciso nel luglio scorso. Settimana prossima Jan Pronk, inviato speciale delle Nazioni Unite, invierà a New York un resoconto dei progressi compiuti dal governo islamico e sulla base di questo il Consiglio di Sicurezza deciderà sui passi da compiere nei confronti del regime di Al-Bashir.

Ieri sono circolate indiscrezioni sulla stampa americana e internazionale del Rapporto preliminare d'inchiesta realizzato da alcuni ricercatori statunitensi e che potrebbe finire sul tavolo del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Il rapporto sostiene che la situazione in Darfur non è migliorata, sottolinea che nella regione proseguono violenze e scontri e riporta informazioni che confermerebbero il legame tra Khartoum e i Janjaweed, le milizie di predoni arabi ritenute le principali responsabili delle violenze attuali.

E sul fatto che la situazione nel Darfur stia peggiorando, interviene anche Amnesty International che denuncia gli "attacchi alla libertà di espressione nel Darfur". "Anziché adottare azioni decisive per contenere le diffuse violazioni dei diritti umani nel Darfur, il governo sudanese sta cercando di imbavagliare chi parla degli abusi - sottolinea il comunicato di Amnesty International che ha presentato oggi un nuovo Rapporto intitolato "Sudan: intimidazione e diniego - attacchi alla libertà di espressione nel Darfur". "Sino a quando le persone che intendono parlare chiaramente delle violazioni saranno intimidite e arrestate, l'impegno assunto dal governo sudanese nei confronti della comunità internazionale resterà vano" - ha detto Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International. Fra i casi citati nell'ultimo rapporto di Amnesty International, vi sono quelli di 7 persone arrestate a Abu Dereja presso Al Fasher il 15 e il 17 luglio per aver fornito informazioni agli osservatori dell'Unione africana per il cessate-il-fuoco. Secondo quanto riferito, al 20 agosto queste persone erano ancora detenute nel centro di sicurezza nazionale di Al Kasher.

I vescovi cattolici del Sudan riuniti a Jinja in Uganda, località facilmente accessibile per tutti loro, in un comunicato diffuso dall'agenzia Misna hanno rivolto un pressante appello affinché "il popolo del Sudan venga soccorso nel suo presente travaglio". I vescovi denunciano che "l'olocausto dell'etnia africana in Darfur è pulizia etnica": "la comunità internazionale dovrebbe interferire e offrire l'assistenza necessaria". Mentre numerose organizzazioni umanitarie internazionali hanno ripetutamente denuciato le milizie arabe Janjaweed e il governo di "genocidio" e "pulizia etnica" nel Darfur, una denuncia ribadita dal Congresso Usa, secondo la missione esplorativa dell'Unione europea "non vi sarebbero prove di genocidio nella regione del Darfur" anche se "è evidente una situazione di violenza diffusa". Anche l'Unhcr denuncia il proseguimento degli attacchi delle milizie contro i civili.

Proseguono intanto gli sforzi delle agenzie umanitarie per portare aiuti agli sfollati che ormai superano il milione. La Croce Rossa Internazionale sta per lanciare un nuovo, gigantesco trasporto aereo di beni di prima necessità nel Darfur, il più esteso dall'inizio della guerra in Iraq. La Commissione Europea ha inoltre annunciato l'accordo per l'invio di ulteriori 24 milioni di dollari in aiuti umanitari, riporta Warnews. Due Hercules C-130 recanti beni di prima necessità a favore dei profughi sudanesi del Darfur, partiti dalla base Onu di Brindisi, sono atterrati il 18 e il 24 agosto ad Al Geneina, nel Darfur occidentale. I voli, resi disponibili dal Ministero degli Esteri (Cooperazione Italiana), hanno trasportato tonnellate di alimenti proteici e mezzi di soccorso acquistati grazie al contributo dei sostenitori di Intersos. E Medici senza Frontiere, presente con oltre 160 volontari internazionali e circa 2000 collaboratori sudanesi in 25 campi di raggruppamento degli sfollati, è impegnata a contrastare il diffondersi dell'epidemia di Epatite E nei campi profughi. [GB]

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