Rwanda: tra commemorazioni e denunce

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È iniziata ieri pomeriggio a Kigali, capitale del Rwanda, la settimana di commemorazioni ufficiali in memoria dei 100 giorni di violenza che sconvolsero il Paese tra l'aprile e il giugno del 1994. Le vittime furono 800.000 secondo l'Onu, 937.000 in base alle ultime dichiarazioni del governo ruandese. "La comunità internazionale avrebbe potuto impedire che questo genocidio si verificasse. E' stato massacrato un popolo che non contava niente per gli interessi delle grandi potenze" - ha affermato nella conferenza internazionale d'apertura delle celebrazioni Fran㧀ois-Xavier Ngarambe, presidente della principale associazione dei superstiti Ibuka ('Ricordo' in lingua locale). "Tutto quello che programmiamo è in uno spirito di prevenzione di un altro genocidio o di qualsiasi altro crimine contro l'umanità" - ha aggiunto Benoit Kaboyi, un altro rappresentante di Ibuka, comunica l'agenzia Misna.

E sempre l'agenzia del mondo missionario riporta oggi una dura denuncia del comandante della missione dell'Onu in Rwanda all'epoca del genocidio del 1994, il generale canadese Romeo Dallaire. Durante le cerimonie ufficiali, il generale ha accusato la comunità internazionale di essere "criminalmente responsabile" per aver "abbandonato" al suo destino il Paese africano in quei tragici momenti. Nel suo intervento, l'ex comandante dei caschi blu della Minuar (questo il nome della missione Onu) ha sottolineato che la "comunità internazionale si disinteressò del Rwanda perché non aveva alcuna importanza strategica". Secondo il militare canadese è compito dei ruandesi far si che la comunità internazionale - e soprattutto Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti - non dimentichi le proprie "responsabilità criminali". "Il genocidio è stato brutale, criminale e disgustoso ed è proseguito per cento giorni sotto gli occhi della comunità internazionale. Quei crimini potevano essere fermati. Potevano essere fermati addirittura prima che iniziassero" - ha detto Dallaire.

Nei giorni scorsi il presidente del Rwanda, Paul Kagame, ha annunciato l'apertura di una inchiesta sulle responsabilità e sul ruolo svolto durante il genocidio del 1994 da alcuni Paesi stranieri. L'istituzione di questa commissione investigativa si sarebbe resa necessaria considerato come i Paesi che avrebbero dovuto ammettere il loro coinvolgimento nel genocidio non lo hanno mai fatto. "Non è possibile continuare a sostenere di non conoscere le implicazioni dei francesi in Rwanda prima, durante e dopo il genocidio - ha detto Kagame - si tratta di fatti". Se le responsabilità politiche dirette ricadono sulle leadership locali, violente e corrotte, non vanno dimenticate le omissioni e inadempienze dell'Onu, il cui Consiglio di Sicurezza fu drammaticamente condizionato dalle rivalità tra Francia e Stati Uniti.

Intanto è forte l'indignazione dei rappresentanti delle organizzazioni umanitarie e non governative per l'assenza di delegazioni di alto livello dei Paesi occidentali alle cerimonie di commemorazione del genocidio. Grave è giudicata l'assenza di Kofi Annan, segretario generale dell'Onu che appena qualche giorno fa, aveva ammesso le responsabilità nel genocidio delle Nazioni Unite, che non intervennero per fermarlo come avrebbero dovuto.

"A dieci anni dai fatti del 1994, il genocidio, la guerra e l'Hiv/Aids hanno prodotto una generazione di bambini orfani che vivono in condizioni disperate e sono soggetti ad abusi e sfruttamento" - sottolinea un comunicato di Amnesty International che ha diffuso oggi il rapporto "Marchiate per morire: le sopravvissute allo stupro con l'Hiv/Aids in Ruanda" in cui denuncia come gli scampati al genocidio del 1994 rimangano terrorizzati e traumatizzati, spesso ridotti ai margini della società e con scarso accesso ai servizi medici. [GB]

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