No ai profitti di guerra

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Di fronte alla sede dell'Istituto per il Commercio per l'Estero, Un Ponte Per, Rete Lilliput e il Comitato romano promotore della manifestaizone del 20 marzo, hanno convocato una conferenza stampa. L'iniziativa, dal titolo 'No ai Profitti di guerra' è stata promossa in occasione del seminario "Opportunità commerciali e d'investimento in Iraq", svoltosi nell'Istituo dell'ICE, a cura del Ministero degli Affari Esteri, con la partecipazione del responsabile Usa per le privatizzazioni in Iraq.

La conferenza stampa è stata aperta da Fabio Alberti presidente di Un Ponte per⅀ "Il seminario odierno organizzato dell'ICE rivela il reale motivo per il quale sono state inviate truppe italiane in Iraq: quello di garantire alle aziende italiane la partecipazione a lucrose opportunità di affari. E' noto a tutti che gli Usa riserveranno alle sole aziende dei paesi che prendono parte alla occupazione militare del paese la partecipazione alla "ricostruzione".
La scelta della localizzazione a Nassiriya della forza italiana va messa in relazione con la presenza in quel territorio del giacimento petrolifero dell'ENI.
La politica economica della CPA in cui si iscrivono questi affari è inoltre una chiara depredazione delle ricchezze irachene e una palese violazione delle Convenzioni di Le Hague e di Ginevra che impediscono alle potenze occupanti di ridisegnare il sistema economico dei paesi occupati. Con la abolizione dei dazi doganali, l'esenzione dalle imposte, l'autorizzazione alla esportazione del 100% dei proventi degli investimenti, la privatizzazione delle imprese pubbliche e la esclusione di fatto delle imprese irachene dagli appalti si sta instaurando una paradiso iperliberista che non è presente nemmeno negli Usa . Il risultato sarà la depressione dello sviluppo e la sottrazione di ingenti risorse economiche al paese. Tale illegalità potrà essere inoltre rilevata da un futuro governo legittimo iracheno che potrebbe pertanto annullare accordi o contratti siglati nell'ambito della nuova legislazione. Ci auguriamo che le imprese italiane non partecipino a questa vergognosa spoliazione di un popolo che ha già subito una grave ingiustizia in 13 anni di embargo commerciale strettissimo e per il quale avrebbe invece diritto ad un risarcimento" .

Ad Alberti ha fatto seguito l'intervento di Alberto Castagnola, economista - Rete Lilliput/tavolo intercampagne -. "Ci siamo tutti occupati della guerra, delle sue false motivazioni, delle vittime sempre più inutili, intanto il sistema economico internazionale continua a far funzionare i suoi meccanismi. Il debito estero dell'Iraq, fortemente aumentato con gli acquisti di armi per la guerra contro l'Iran, già superava i 60 miliardi di dollari prima del 1991. A questi si stanno aggiungendo: gli indennizzi per l'invasione del Kuwait; gli interessi non pagati durante i 13 anni di embargo; le spese per la ricostruzione che sarà effettuata da americani ed inglesi; le cifre sottratte da Saddam e dalla sua dittatura. L'Iraq dovrà pagare oltre 200 miliardi di dollari più del Brasile?"

Anche Antonio Tricarico, è intervenuto riportando l'opposizione della Campagna per la riforma della Banca Mondiale al piano del governo italiano e degli altri governi occidentali presenti in Iraq, di autorizzare la copertura assicurativa pubblica delle proprie agenzie di credito all'esportazione agli investimenti occidentali in Iraq.

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