Iraq: nasce l'osservatorio internazionale sull'occupazione militare

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Alcune organizzazioni pacifiste internazionali, tra cui l'italiana "Un ponte per ..." mosse dalla volontà di denunciare le violazioni dei diritti umani da parte delle forze occupanti, monitorare la ricostruzione, lo sfruttamento delle risorse petrolifere, il comportamento delle aziende straniere, il processo democratico in Iraq hanno lanciato il progetto "Occupation Watch".

L'osservatorio internazionale sull'occupazione militare lanciato ufficialmente in questi giorni, sarà pienamente attivo a partire da settembre.
Fra i compiti specifici dell'osservatorio, la denuncia dei comportamenti illegittimi dei militari, degli arresti e delle detenzioni arbitrarie, dell'uso della forza non necessaria.

Esso dovra' inoltre monitorare gli appalti e i contratti per la ricostruzione fino ad oggi assegnati tutti a multinazionali statunitensi "senza gara di appalto e senza trasparenza", come e' stato denunciato da Medea Benjamin di "United for Peace and Justice", una coalizione di 600 associazioni e comitati pacifisti americani.

Per l'associazione "Un ponte per ....", che e' tra i promotori dell'osservatorio, Fabio Alberti ha affermato che "le forze di occupazione agiscono in una paese pertamente ostile non tanto perchè la popolazione ha nostalgia del passato regime, che nessuno rimpiange, quanto perchè ogni giorno che passa gli intenti dell'occupazione militare - il controllo del petrolio e di un'area strategica, gli affari della ricostruzione - appaiono più evidenti".
Nei giorni scorsi il "Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq" presieduto da Alberti ha lanciato una petizione popolare per il ritiro immediato delle truppe italiane.

"L'osservatorio - ha continuato Alberti - avrà grande attenzione nel monitorare i contratti di subappalto a cui aspirano centinaia di aziende italiane e degli altri paesi occupanti quali Gran Bretagna e Polonia".
"Occupation Watch", basato esclusivamente sul volontariato e totalmente finanziato da associazioni pacifiste, sara' frutto del lavoro di un gruppo di ricercatori internazionali (tra cui un italiano) e iracheni che opereranno a Baghdad.

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