Burundi: ancora scontri tra esercito e gruppi armati

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Dal 30 aprile di quest'anno il Burundi ha un nuovo Capo di stato. Si tratta di Domitien Ndadaye, di etnia hutu. Quest'ultimo è succeduto a Pierre Buyova, di etnia tutsi. L'avvicendamento, che è frutto degli Accordi di pace di Arusha siglati nell'agosto del 2000, sembra però non abbia portato alla fine degli scontri tra i gruppi armati di etnia hutu e l'esercito di etnia tutsi.

L'accordo di pace, al quale si era arrivati grazie all'impegno dell'ex Presidente sudafricano Nelson Mandela, mediatore per conto dell'Organizzazione per l'Unità Africana, prevede un periodo di transizione articolato in due presidenze della durata di 18 mesi ciascuna, una rappresentativa dell'etnia hutu e un'altra di quella tutsi. Alla di questo periodo si dovrebbero svolgere elezioni libere e democratiche.

Ulteriore nodo fondamentale nel Paese è l'istituzione di un Unità di Protezione Speciale, composta in modo uguale dai due gruppi etnici, che andrebbe a sostituire l'attuale esercito, composto per ora esclusivamente da tutsi. Quest'ultima dovrebbe quindi assorbire i guerriglieri hutu organizzati in vari gruppi di cui i principali sono il Fdd (Forces pour la Defense de la Democratie) e il Fnl (Front National Pour la Liberation).

Tuttavia questo sistema di organizzazione ad "equilibri etnici" sta incontrando grosse difficoltà: nonostante il passaggio delle consegne al nuovo presidente Ndadaye, le principali formazioni guerrigliere hutu hanno rotto il cessate il fuoco e ripreso la lotta. Dall'altro lato non è certo visto di buon occhio da parte tutsi, minoranza nel Paese, la concessione di poteri al gruppo etnico "rivale", in particolare per quanto riguarda il controllo dell'esercito. I timori dei tutsi sono alimentati dagli eventi accaduti nella recente storia del confinante Ruanda, in cui in situazione analoga vennero massacrati 800.000 tutsi da parte dell'etnia maggioritaria degli hutu.

Dalla proclamazione del neo presidente ad oggi non sono mai cessati, in realtà, gli scontri e sembra purtroppo difficile poter prevedere a breve la fine delle ostilità nonostante l'invio, nei mesi scorsi, di un contingente di peacekeeping delle Nazioni Unite di 3400 uomini, per monitorare il cessate il fuoco.

In questi giorni HRW (Human Rights Watch) si è fatta promotrice di un accorato appello affinché il Consiglio di Sicurezza dell'ONU appoggi il governo burundiano in questo difficile processo di pacificazione e affinché vengano perseguiti i militari che, da entrambe le parti, hanno perpetrato abusi e violenze nei confronti dei civili.

Il Burundi ex colonia belga, indipendente dal 1962, è abitata in maggioranza da etnia hutu (85%), ma l'etnia tutsi ha sempre controllato le istituzioni in particolar modo l'esercito. La guerra civile scoppiata all'indomani dell'indipendenza ha provocato centinaia di migliaia di morti ed enormi flussi di rifugiati ammassati lungo i confini del Paese.

Fonti: Equilibri , Warnews, Human Rights Watch;

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