Si muore di fame e proiettili. Il punto

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Immagine: Unsplash.com

Si muore di fame e proiettili. E per ogni morto che si aggiunge, Israele appare sempre un po’ più isolata. Nel Risiko planetario, alleanze e amicizie appaiono sempre più mobili. Il genocidio ordinato dal governo Netanyahu - che ha buona parte del proprio popolo come complice, non dimentichiamolo - proegue tra le proteste sempre più concrete del Mondo, anche degli amici di Tel Aviv.

Questa settimana il bollettino di guerra è spaventoso. Gli attacchi israeliani hanno ucciso in poche ore almeno 71 palestinesi che cercavano aiuti alimentari, portando a 60mila il numero di civili uccisi dalla furia israeliana. Gli ospedali hanno registrato altri sette morti per malnutrizione. Dei 71 morti mentre cercavano aiuto, 51 sono stati uccisi al valico di Zikim. È da qui che partono e passano i camion con gli aiuti umanitari. Il numero di palestinesi uccisi mentre cercavano cibo ai centri di distribuzione è così salito a 1.000 dalla fine di maggio 2025. Gli attacchi da parte dell’esercito israeliano ai civili malnutriti e inermi si moltiplicano mentre tutte le agenzie umanitarie e i funzionari sanitari lanciano l'allarme: anziani e bambini a Gaza stanno morendo di fame. Sono 154 le persone morte per malnutrizione, tra loro 89 bambini.

Una situazione che troppi giudicano intollerabile. Le reazioni si moltiplicano. Dopo la Spagna e dopo il presidente francese Macron, che ha annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina durante la prossima Assemblea delle Nazioni Unite in settembre, è stata Londra a prendere posizione. Il Primo ministro britannico,  Keir Starmer, ha spiegato che, nella medesima assise dell’Onu, la Gran Bretagna è pronta a riconoscere lo Stato palestinese, se Israele non accetterà subito di porre fine alla guerra e iniziare un serio processo di pace.  Il Canada si è accodato. Il Primo Ministro Mark Carneysi è detto pronto a riconoscere  uno Stato palestinese alle Nazioni Unite a settembre. Questo, ha aggiunto, sulla base all'impegno dell'Autorità palestinese a realizzare le riforme: modificare radicalmente la sua governance e a indire elezioni generali nel 2026 alle quali Hamas non potrà partecipare. Sulla stessa linea è la Lega Araba, che per la prima volta ha chiesto ufficialmente ad Hamas di rinunciare al potere nella Striscia di Gaza e di consegnare le proprie armi all’autorità Palestinese. 

Tutte azioni importanti, che lasciano però aperto il campo a mille interrogativi. Il riconoscimento dell’esistenza della Palestina parte, infatti,  dal presupposto di un “azzeramento” di Hamas nella Striscia e, in parte, nella Cisgiordania. Difficile pensare che l'organizzazione accetti di farsi da parte, di scomparire nel nulla, Inoltre, i rapporti con l’Autorità palestine di Abu Mazen sono da sempre tesi. Sono situazioni  che lasciano in sospeso - e in dubbio - l’ipotesi di un reale riconoscimento di un diritto - quello ad avere uno Stato - che i palestinesi hanno a prescindere dalle volontà dichiarate. Resta, comunque, il movimento tellurico della rottura del fronte “pro Israele”. Washington ha reagito male, minacciando ritorsioni e vendette. E Tel Aviv è realmente più isolata.

Un isolamento che potrebbe ripercuotersi altrove, su altri fronti aperti da Israele. Ad esempio, in Libano, dove il leader di Hezbollah, Naim Qassem, ha respinto le richieste di disarmare la sua organizzazione. "Coloro che chiedono la consegna delle armi pretendono praticamente di consegnarle a Israele. Noi non ci sottometteremo a Israele", ha detto in settimana, apparendo in televisione per l'anniversario dell’uccisione  del comandante in capo, Fuad Shukr. Washington sta facendo pressioni sul governo libanese. Vuole un impegno al disarmo di Hezbollah come pre condizione alla ripresa dei negoziati con Israele. Intanto, le operazioni militari israeliane in Libano sono ancora in corso, nonostante un cessate il fuoco concordato nel novembre del 2024.

Alle crisi nel Vicino Oriente fanno eco le altre guerre. Ad esempio, i 1254 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina. Sono state giornate pesanti per i civili ucraini. Tanti i bomboradamenti russi, con almeno 27 vittime. Un attacco missilistico russo contro un'unità di addestramento militare ucraina ha ucciso tre militari e ne ha feriti altri 18. Le forze armate russe hanno anche bombardato e colpito gli operatori dei servizi di emergenza ucraini nella città di Orikhiv, nell'Ucraina meridionale. Kiev sotto pressione, quindi e non solo per colpa degli invasori russi. Ci sono altri invasori: le locuste. Stanno minacciando i girasoli e altre colture nelle regioni meridionali dell'Ucraina. La causa, dicono gli esperti, è proprio la guerra, che rende impossibile l'uso dei metodi tradizionali di controllo dei parassiti vicino alla linea del fronte.

Altrove, il Risiko mondiale gioca con le vite delle persone. Domenica 27 luglio 2025, uomini armati hanno attaccato una chiesa cattolica nella regione di Komanda, nella Repubblica Democratica del Congo. C’erano un centinaio di fedeli in preghiera. Sono morti in 40 e molti altri sono stati catturati dalle Forze Democratiche Alleate (ADF). È un gruppo che ha giurato fedeltà all’Isis e si muove lungo il confine fra repubblica Democratica del Congo e Uganda.

Altrove, si combattono altre guerre. Ad esempio, quella dei dazi fra Stati Uniti e Unione Europea. L’accordo firmato in Scozia fra il presidente Usa,  Donald Trump e la commissaria europea, Ursula von der Leyen pare non avere risolto nulla. Il testo congiunto che formalizza l’intesa ancora non è stato varato. Contemporaneamente, la Commissione europea si avvia a sospendere il listone da 93 miliardi di euro di contro tariffe non 'sine die', come sembrava, ma solo per 6 mesi. Segno che l’Unione continua a non fidarsi di Trump. 

Una guerra si combatte anche nel Mediterraneo: quella dei disperati. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), nel suo ultimo aggiornamento fa sapere che almeno 368 persone sono morte e 291 risultano disperse nel Mediterraneo centrale dall'inizio dell'anno al 28 luglio. 2025.  Nello stesso periodo, gli emigranti intercettati in mare e riportati in Libia sono stati 13.243, di cui 11.508 uomini, 1.180 donne, 410 minori e 145 di cui non si conoscono i dati di genere.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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