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STOP all’asilo per i rifugiati siriani
Conflitti
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Foto: Pixabay.com
L’8-12-2024 a Beirut cade il regime della famiglia Assad che dal 1971 governava la Siria con il pugno di ferro. Il potere passa ai jihadisti che mostrano moderazione nelle prime dichiarazioni ai media. Pressoché immediatamente, già il 9 dicembre, è sospeso l’esame delle domande di asilo per i siriani in mezza Europa (Francia, Germania, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Svezia, Grecia, Regno Unito e Svizzera) e l’Austria si è spinta oltre, annunciando addirittura la preparazione di un piano di rimpatrio ed espulsione per i circa 40mila siriani che avevano già ottenuto l’asilo negli ultimi 5 anni.
Anche il governo Meloni ha deciso di congelare tutti i procedimenti pendenti per l’assegnazione dello status di rifugiato a cittadini siriani; decisione che appare ingiustificata dai dati quantitativi: l’anno scorso i richiedenti asilo siriani che hanno ottenuto la protezione internazionale sono stati meno di 300 e la Siria in effetti non rientra tra i primi 20 Paese di origine dei richiedenti. In base ai dati Eurostat esaminati dalla Fondazione ISMU, al contrario dal resto dell’UE, “nel 2023 in Italia i richiedenti asilo siriani, afghani e venezuelani non costituiscono i principali in graduatoria, rappresentando meno del 2% dei richiedenti”.
C’è incertezza sul futuro della Siria e non si esclude neanche una nuova ondata emigratoria fin quando i ribelli insediati al potere daranno o meno prova della moderazione e tolleranza espresse dinanzi ai media internazionali, tuttavia la Commissione Europea è già intervenuta per escludere che ci siano le condizioni per rimpatri sicuri e dignitosi in Siria. “Tornate nella Siria libera” è stato l’appello che la milizia islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) guidata da Mohammed al-Jolani, che in pochi giorni ha messo fine a 50 anni di regno degli Assad, ha rivolto agli oltre 12 milioni di siriani, tra gli sfollati nel Paese (6,8 milioni di persone) e quelli finiti all’estero (circa 5 milioni). Di questi, oltre 3 milioni di siriani sono bloccati in Turchia, sulla base dell’accordo tra Ankara e l’UE. Ad ospitarli sono anche il Libano, con quasi un milione di persone, anche loro coinvolti nel nuovo conflitto mediorientale, e Giordania, Iraq ed Egitto con oltre un milione di persone in tutto. E in Europa è da anni, dallo scoppio nel conflitto nel 2011 a seguito delle manifestazioni della primavera araba, che la Siria è il principale Paese d’origine delle persone che cercano rifugio nell’UE. In particolare la Germania ospita il più alto numero di siriani al di fuori del Medioriente, oltre un milione, grazie alla forte accoglienza decretata dall’ex cancelliera Merkel a seguito della tragica morte in mare del piccolo Aylan Kurdi, immortalata da foto shock che hanno fatto il giro del mondo. Secondo i dati della Fondazione Migrantes, nel 2023 sono stati circa 183mila i richiedenti asilo siriani in Paesi UE, i più accolti nell’Unione.
Dopo gli interventi alla spicciolata da parte degli Stati europei, il 18 dicembre è intervenuta in Parlamento UE la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen mettendo in guarda sul regime di Damasco: “Il futuro della Siria è pieno di promesse, ma anche pieno di rischi”. Fermo restando che è interesse fondamentale dell’UE avere un Paese stabile a seguito di una transizione credibile e inclusiva, von der Leyen chiede di non cedere all’entusiasmo e di “seguire un approccio graduale”, inteso anche come un avvio dei contatti con Hayʼat Tahrir al-Sham (HTS), la milizia islamica che ha rovesciato il regime di Assad. Dal maggio 2014 HTS è nella lista ONU delle organizzazioni terroristiche per i suoi legami con Al-Qaeda; l’UE è ufficialmente allineata su tale posizione ma appare altrettanto decisa ad avere un ruolo nel riconoscimento internazionale del governo del Paese. E dal suo rifugio a Mosca, l’ex presidente siriano Bashar el-Assad rilascia la sua prima dichiarazione pubblica (scritta) proprio usando come perno il terrorismo e mettendo in guardia i leader mondiali sul fatto che “la Siria è in mano ai terroristi”. La storia è piena di movimenti terroristici poi “normalizzati”, primo fra tutti l’African National Congress (ANC) di Nelson Mandela. Non ci sarebbe quindi di che stupirsi se anche HTS fosse cancellata da quella lista nel giro di poco tempo.
Un elemento va considerato: i movimenti suscitati dal crollo del regime di Assad.
Dal Libano sconvolto dalla guerra, migliaia di profughi siriani stanno tornando verso il Paese di origine, mentre in Turchia il presidente Erdogan cerca ugualmente di indurre i richiedenti asilo al rientro e, poco dopo il crollo del regime, ha avviato una offensiva contro la popolazione curda-siriana del Rojava, nel nord-est della Siria. Un pugno duro contro i curdi con evidenti mire espansionistiche che l’Unione Europea ipocritamente fa finta di non conoscere mentre annuncia un nuovo finanziamento di un ulteriore miliardo di euro per il 2024 in favore della Turchia per la gestione dei rifugiati (ovvero per non farli giungere nei Paesi UE). È la stessa Ursula von der Leyen ad annunciarlo pochi giorni fa, dopo essere volata ad Ankara.
Alla conferma del cambio di regime non ha perso tempo neanche Israele che, in 48 ore, ha bombardato la Siria 480 volte distruggendo l’80% delle capacità militari siriane (quali navi militari, batterie antiaeree, siti di produzione di armi) “per impedire che cadessero nelle mani di elementi terroristici”.
In questo gioco di accuse di terrorismo da parte di un leader israeliano riconosciuto colpevole di crimini di guerra e contro l’umanità da parte della Corte Penale Internazionale, da parte di un ex presidente siriano il cui mandato è stato caratterizzato da violenze e ogni tipo di violazione dello stato di diritto, e da parte di un presidente turco altrettanto illiberale e dispotico, ci si domanda davvero se uno stabile Hayʼat Tahrir al-Sham (HTS) possa essere il male minore.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.