Italia: 29 senatori per una legge sulle cluster bombs

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L'esperienza delle organizzazioni umanitarie impegnate in teatri bellici e postbellici - Iraq, Afghanistan, Eritrea, Kosovo per citarne solo alcuni - dimostra chiaramente che le submunizioni rilasciate dalle cosiddette bombe cluster (o "a grappolo") si trasformano, quando rimangono inesplose sul terreno, in potentissime mine antipersona. Oggi viene presentata da 29 senatori sia dell'opposizione che di maggioranza un disegno di legge per la messa al bando delle cluster bomb. "La proposta di estendere la proibizione riguardante le mine antipersona a questa nuova categoria di ordigni, è il giusto riconoscimento del fatto che hanno gli stessi devastanti effetti delle mine sulla vita delle popolazioni colpite," dichiara Simona Beltrami, coordinatrice della Campagna Italiana contro le Mine.

Le munizioni cluster rischiano di causare una crisi umanitaria ancora più grave di quella dovuta alle mine, anche a causa dell'altissimo numero di submunizioni innescate che lasciano al suolo. Per esempio, si calcola che le munizioni cluster usate in Iraq nei soli mesi di marzo e aprile 2003 contenessero tra 1,8 e 2 milioni di submunizioni, molte delle quali non sono esplose all'impatto con il terreno. L'allarme provocato dall'utilizzo delle munizioni cluster ha dato vita, nel novembre 2003, ad una coalizione internazionale di più di 115 organizzazioni della società civile che chiedono la cessazione dell'uso, della produzione e del commercio di queste armi, e l'assunzione di responsabilità da parte degli utilizzatori per la bonifica e l'assistenza alle vittime.

"Con questa iniziativa il Senato italiano si colloca all'avanguardia nella lotta contro queste armi inumane ed indiscriminate," conclude Beltrami, ricordando che nell'ottobre 2004, il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione in cui si chiede una moratoria immediata su uso, produzione e trasferimenti di munizioni cluster. L'Italia è uno degli almeno 57 Paesi al mondo che hanno nei propri arsenali munizioni cluster anche se non risulta averne mai fatto uso direttamente. In Italia le ditte italiane che producono questo tipo di armi sono due: la Simmel Difesa di Colleferro (Roma) e la SNIA BDP. Un fatto grave anche se lo stoccaggio, la produzione e la vendita di una simile arma si deve al fatto che queste armi micidiali, i cui effetti sono del tutto assimilabili a quelli delle mine antipersona (se non addirittura più gravi), sono completamente legali.

Infatti, sia la legge 374/97 che mette al bando le mine antipersona sul territorio italiano che il Trattato di Ottawa entrato in vigore il primo marzo 1999, danno una definizione di mina basata sul progetto dell'ordigno e non sugli effetti che questo produce (come avevano proposto alcuni al momento del negoziato internazionale culminato ad Ottawa).

Se da un lato il successo del Trattato si deve almeno in parte proprio alla specificità del suo oggetto (le mine antipersona), questo ha comportato che rimanessero escluse armi altrettanto indiscriminate e con effetti di fatto assimilabili a quelli delle mine antipersona: tra queste le mine anticarro e, appunto, le munizioni cluster. Dal novembre 2003 è partita la Cluster Munition Coalition che promuove la campagna per una moratoria su produzione, uso e commercio delle cluster e richiede dunque anche all'Italia una verifica sulle quantità prodotte o eventualmente stoccate nei magazzini dell'esercito italiano.

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