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La Cina, il Wto e le nuove guerre commerciali
WTO/OMC
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Foto: Unsplash.com
di Maurizio Sacchi
Con l’elezione di Donald Trump alla Casa bianca si prevede una svolta nei rapporti con la Cina che dovrebbe mutare in modo importante l’economia globale. Durante il prossimo mandato di Trump si definiranno quei rapporti e le cosiddette “guerre commerciali”. Se le dichiarazioni durante la campagna elettorali verranno messe in atto, questo conflitto vedrà un’escalation: dalle sanzioni, che per definizione sono dazi punitivi, si passerà a una politica di dazi generalizzati, senza alcun significato etico, ma volte a difendere l’economia Usa e a contenere l’ascesa del Dragone. Ripercorriamo questo processo e le logiche che lo hanno guidato negli ultimi due decenni.
23 anni fa, precisamente l’11 dicembre 2001, la Cina veniva ammessa nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Il Prodotto interno lordo (Pil) della Cina era allora di 1.339 miliardi di dollari. Nel 2023, anche grazie a questo, il Pil è stato di 1.7881 miliardi di dollari: circa 15 volte tanto. L’ammissione di Pechino fu opera principalmente degli Stati Uniti. Dopo che i due governi avevano risolto le controversie patrimoniali risalenti alla guerra di Corea nel 1950, nel 1980 il Congresso concesse alla Cina lo status di nazione più favorita. Il commercio tra Cina e America era ancora ostacolato dall’emendamento Jackson-Vanik del 1974, che subordinava il commercio con gli Stati Uniti a determinati parametri sui diritti umani. Ma questo non impedì che le importazioni statunitensi dalla Cina raddoppiassero nel giro di cinque anni, passando da 51,5 miliardi di dollari nel 1996 a 102 miliardi di dollari nel 2001. Dal 2001 le esportazioni cinesi negli Stati Uniti sono aumentate da 102 a 501 miliardi di dollari nel 2023 . Quelle europee da 80 a 383 miliardi di euro (dato del 2020)...