Wto: imprese irresponsabili, parola ai sindacati

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"Dovrebbero essere i governi e non l'International Standards Organization (ISO) a regolare la responsabilità sociale delle imprese a livello nazionale, mentre l'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) dovrebbe adottare misure atte ad assicurare che l'irresponsabilità sociale delle imprese non sia usata abitualmente per assicurare vantaggi competitivi illegali sui mercati globale." E' quanto ha affermato Neal Kearney, segretario generale della Federazione internazionale dei sindacati dei lavoratori tessili e delle calzature, l'International Textile Garment and Leather Workers Federation (ITGLWF), che riunisce 220 organizzazioni sindacali in 110 Paesi, rappresentanti oltre 10 milioni di lavoratori del settore, tra cui le italiane Filtea-Cgil, Femca-Cisl e Uilta-Uil. Secondo Karney, gli impegni volontari delle imprese nel campo ambientale e del lavoro non spossono sostituire l'iniziativa dei governi, per emanare e far rispettare efficacemente buone leggi. "Se i governi facessero correttamente il proprio lavoro, non ci sarebbe bisogno dell'attuale sollecitazione alla responsabilità sociale delle imprese."

E sul ruolo del governo italiano nelle trattative all'Organizzazione Mondiale del Commercio interviene Action Aid. "Ci auguriamo per il futuro che anche in Italia si cominci a guardare al Sud del mondo con competenza e desiderio di superare il tornaconto immediato. Il fallimento di Hong Kong - precisa Marco De Ponte, il Segretario Generale di ActionAid International - dovrebbe far riflettere il governo italiano prima della conclusione del round di Doha spingendolo ad attivarsi, al momento di rinegoziare il budget Ue, per un'Europa meno egoista". "Fortunatamente Hong Kong non rappresenta la fine del percorso - continua De Ponte - ed è per questo che la nuova alleanza dei paesi poveri deve continuare ad impegnarsi per cambiare il risultato finale dei negoziati, nonostante gli accordi raggiunti sulle prospettive finanziarie dell'Unione Europea e le resistenze degli USA".

Chiara l'analisi sulla dichiarazione Wto che arriva da 'Focus on the Global South', l'organizzazione capitanata dal filippino Walden Bello. Non è vero che verranno eliminati i sussidi all'export. Il 2013 arriverà senza che siano stati eliminati tali sussidi. 55 miliardi di euro continueranno ad essere erogati grazie alle regole dell'accordo agricolo, infatti l'Ue prevede un loro aumento. Sul cotone c'è un appello per l'eliminazione dei sussidi all'export entro il 2006, ma nessun accordo riguardo i sussidi domestici che sono i più distorsivi del mercato. In più, gli Usa avrebbero dovuto eliminare i propri sussidi all'export entro il settembre del 2005 in accordo con quanto stabilito dal tribunale della Wto riguardo la disputa commerciale con il Brasile. Quindi gli Usa hanno posticipato l'adozione una misura che avrebbero già dovuto realizzare. Di contro il 97% delle linee tariffarie Usa saranno duty free ed il 3% avranno un livello tariffario scelto dagli stessi americani. Ciò significa 300 linee tariffarie di prodotti a cui non è dato il libero accesso per i Paesi meno sviluppati. Tutti i prodotti più importanti per loro saranno esclusi come i tessili, zucchero etc.

"I grandi dell'economia mondiale riuniti ad Hong Kong hanno fallito perché pensano al commercio fine a sé stesso, senza linee guida etiche o morali". Han Dongfang, fondatore del primo sindacato libero in Cina, ha passato anni in prigione dopo il massacro di Tiananmen. "Il Wto si riduce quasi ad un mero incontro di industriali. E i ricchi diventano più ricchi ed i poveri più poveri". "Questo fenomeno - sottolinea Han - è presente soprattutto nelle nazioni sotto-sviluppate, ma si ritrova anche in Stati che non danno regole chiare a questo mondo. E' il caso della Cina, nuovo gigante dell'economia mondiale, che non ha alcuna vera regolamentazione del lavoro e dove non esistono sindacati liberi". Per Han, tuttavia, il mondo industriale occidentale "non va biasimato per la decisione di investire in mercati dove i lavoratori sono meno protetti. Quello che deve cambiare "è la mentalità dei lavoratori. Solo grazie ad unioni sindacali indipendenti, che nascono da una vero desiderio di modificare la situazione, i lavoratori cinesi potranno riscattarsi". [AT]

Altre fonti: Responsabilità sociale delle imprese, Osservatorio Tradewatch, ActionAid International

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