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Nigeria: condanna delle estrazioni di petrolio con gas flaring
Responsabilità sociale d'impresa
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Ieri un giudice nigeriano dell'Alta Corte federale ha stabilito che il gas flaring, la pratica adottata da tutte le multinazionali petrolifere che operano nella regione del Delta del Niger, è illegale, dal momento che viola i diritti umani delle popolazioni locali. Il gas flaring consiste nel bruciare a cielo aperto gas naturale collegato all'estrazione del greggio, ed è da anni causa di inquinamento e scempio ambientale -riporta la CRBM. Il ricorso contro la joint venture composta dalla Nigerian National Petroleum Corporation e altre cinque compagnie straniere (Agip, shell, ChevronTexaco, Exxonmobil e TotalFinaElf) è stato inoltrato dagli Iwerekan, una delle comunità residenti nella regione del Delta del Niger, ed è stato accolto in ogni suo punto, come confermato anche da Nnimmo Bassey, direttore di Environmental Rights Action, organizzazione che ha sostenuto il caso presentato dagli Iwerekan.
Il gas flaring causa rumorosissime esplosioni che si susseguono per tutta la giornata, senza soluzione di continuità, spesso anche a poca distanza dai villaggi. Uno "strumento" adottato a causa della mancanza di infrastrutture adeguate in loco per lo sfruttamento petrolifero, e che "va contro il diritto alla vita, alla salute e alla dignità", come evidenziato nel provvedimento giudiziario. La Shell e le altre multinazionali non hanno ancora commentato ufficialmente la sentenza, accolta invece con grande gioia dalle organizzazioni, tra cui CRBM, che da anni lottano contro le devastanti pratiche impiegate per l'estrazione di petrolio nella regione del Delta del Niger.
Nel giugno scorso le Comunità del Delta del Niger e gli Amici della Terra della Nigeria (Environmental Rights Action - ERA), avevano presentato all'Alta Corte Federale della Nigeria una denuncia contro il Governo nigeriano, la compagnia petrolifera nigeriana (Nigerian National Petroleum Corporation-NNPC) e i suoi partners (Agip, Esso, Shell, Chevron e Total), con l'intento di far cessare la pratica del "gas flaring". Il gas flaring è diffuso in Nigeria più che in ogni altra parte del mondo e, secondo la Banca Mondiale, ha contribuito ad immettere in atmosfera più gas serra di quanti non ne producano insieme tutte le altre fonti di inquinamento dell'Africa sub-sahariana. Questo mix di emissioni nocive, che includono benzene e particolato, si perpetua da oltre 40 anni nel delta del Niger, esponendo la popolazione, con i relativi beni e mezzi di sostentamento, a gravissimi danni sanitari e ambientali - riporta sempre la CRBM.
Oltre tutto, il gas flaring è proibito dalla legge del paese sin dal 1984, salvo eccezioni che debbono essere molto limitate ed espressamente autorizzate con decreto ministeriale. Malgrado le numerose richieste degli Amici della Terra, però, nessuna delle imprese petrolifere denunciate ha mai accettato di esibire le eventuali autorizzazioni. Bruciare il gas in torcia e non utilizzarlo rappresenta anche una perdita in termini finanziari, perdita che la Banca Mondiale valuta per la sola Nigeria in 2,5 miliardi di dollari l'anno; e questo in un paese dove la stragrande maggioranza della popolazione deve vivere con meno di un dollaro al giorno. Contemporaneamente alla denuncia, gli Amici della Terra avevano presentano a Benin City il dossier "Gas flaring in Nigeria: a human rights, environmental and economic monstrosity" (qui in .pdf), realizzato dal Climate Justice Programme, un'iniziativa promossa della Federazione Internazionale degli Amici della Terra, che riunisce oltre 70 organizzazioni internazionali e numerosi esperti di diritto.
Intanto, nei giorni scorsi Amnesty International, ricordando l'esecuzione di Ken Saro Wiwa e di altri otto attivisti della comunità degli Ogoni, avevava denunciato che "dieci anni dopo gli omicidi, l'estrazione e produzione del petrolio in Nigeria continuano a essere condotte in un clima di privazioni, ingiustizia e violenza sulla popolazione civile".
"Nel 1993 la Shell Petroleum Development (Shell Nigeria), a fronte delle proteste locali, ritirò il proprio personale dagli stabilimenti presenti nella comunità Ogoni - riporta Amnesty. Le esecuzioni, nonostante tutti gli appelli di clemenza da parte dei capi di Stato, delle organizzazioni intergovernative e delle associazioni per la difesa dei diritti umani, ebbero come conseguenza per la Nigeria l'applicazione di sanzioni internazionali, la sospensione dal Commonwealth e denunce senza precedenti. Anche la Shell fu condannata per i suoi comportamenti ambigui e tardivi". Ma, "nonostante la restaurazione nel 1999 di un governo in cui i diritti civili sono formalmente garantiti, coloro che si sono resi responsabili di violazioni dei diritti umani sotto i precedenti governi militari non sono ancora stati sottoposti ad alcuna misura sanzionatoria da parte degli organi di legge" - denuncia Amnesty.
A fronte del fatto che le entrate del governo nigeriano sono più che duplicate negli ultimi due anni in corrispondenza del prezzo complessivo del petrolio, gli abitanti del Delta del Niger restano tra le popolazioni maggiormente prive di petrolio e il 70% di essi vive con meno di un dollaro statunitense al giorno, raggiungendo così gli indici del sistema economico pari all'assoluta povertà. [GB]