Myanmar: turismo in fuga, Total sotto accusa

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Tre nuove compagnie hanno deciso di abbandonare la promozione turistica del Myanmar (ex-Birmania), il Paese asiatico oppresso da decenni di feroce dittatura militare. Si tratta di Austrian Airlines, della britannica Eastravel e della statunitense Frommer's Guides, che seguono analoghe decisioni già assunte, nel 2004, da Carnival Corporation/P&O, Magic of the Orient and Explorers Tours e Oddessy Guidebooks. La notizia è stata data dalla Burma Campaign UK, che si batte per i diritti umani e la democrazia in Myanmar.

Il movimento per la democrazia nell'ex-Birmania ha promosso il boicottaggio del turismo nel Paese asiatico, a causa delle drammatiche violazioni dei diritti umani operate dalla Giunta militare, che caratterizzano, come in nessun altro Paese al mondo, anche il settore turistico, le cui infrastrutture si sono sviluppate grazie al ricorso a forme di schiavitù e al lavoro minorile. Il regime di Myanmar afferma di ricavare dal turismo circa 100 milioni di dollari l'anno, circa la metà dei quali finiscono in spese militari. Contemporaneamente all'annuncio riguardante le tre compagnie aeree e turistiche, l'organizzazione umanitaria britannica ha annunciato l'abbandono di Myanmar anche da parte dell'azienda inglese di abbigliamento nautico Gill Clothing.

Da 40 organizzazioni è partita una campagna di pressione sulla multinazionale francese Total, affinché abbandoni Myanmar (ex-Birmania), dove risulta una dei maggiori contribuenti della feroce dittatura militare. Le operazioni di Total in Myanmar sono associate ad abusi sistematici dei diritti umani, compreso lavoro forzato, torture e stupri da parte delle forze di sicurezza. La presenza di Total in Myanmar viene vista anche come un fattore che condiziona la politica estera francese e spiega la sua opposizioni a dure sanzioni da parte dell'Unione Europea. Una delle maggiori opere cui Total ha partecipato in Myanmar è il metanodotto di Yadana, verso la Thailandia, del valore di 1,2 miliardi di dollari.

Total è stata denunciata nel 2002 in Belgio e in Francia, per le violazioni dei diritti umani legate alla sua attività in Myanmar. Ma la Corte di Cassazione belga ha deciso l'interruzione delle indagini sulla violazione dei diritti umani da parte della Total. Le indagini erano state avviate in seguito alla denuncia presentata da quattro rifugiati birmani, cui la Corte, però, non ha riconosciuto gli stessi diritti di denuncia dei cittadini belgi. I quattro rifugiati avevano denunciato Total per complicità in crimini contro l'umanità, per aver fornito sostegno finanziario e logistico ai militari di Myanmar, responsabili di atrocità durante la costruzione del metanodotto di Yadana. La denuncia era stata presentata sulla base di una legge belga del 1993, che consentiva di perseguire questo tipo di reati ovunque siano avvenuti. La legge, però, è stata modificata in senso restrittivo nel 2003, limitando il diritto di farvi ricorso ai cittadini belgi. Ora, i quattro rifugiati birmani si rivolgeranno alla Corte europea per i diritti dell'uomo.

Intanto in Francia, Total ha concluso, "per ragioni umanitarie", un accordo con l'associazione francese per i diritti umani Sherpa, che rappresenta otto cittadini di Myanmar (ex-Birmania), ora rifugiati in Thailandia, che avevano denunciato la compagnia petrolifera per il reato di sequestro, accusandola di complicità con i militari di Myanmar, nel costringere gli abitanti al lavoro forzato, durante la costruzione del metanodotto di Yadana, verso la Thailandia, del valore di 1,2 miliardi di dollari. Le parti non hanno reso pubblici i termini dell'accordo, che non fa decadere la denuncia, ma, secondo quanto generalmente riportato dalla stampa, esso prevede che Total investa 5,2 milioni di euro in iniziative umanitarie a livello locale e risarcisca con 10.000 euro ciascuno dei denuncianti, riservandosi di estendere il risarcimento ad altre persone che dimostreranno di essere state vittime di ricorso al lavoro forzato, durante la costruzione del metanodotto di Yadana.

Contestualmente all'accordo, però, Total ribadisce che nega "categoricamente" ogni suo coinvolgimento in queste pratiche e in altre accuse di questa natura. L'accordo Total-Sherpa è stato duramente attaccato da altre associazioni per i diritti umani. In un comunicato congiunto, Info Birmanie, la Lega dei diritti dell'uomo (LDH) e la Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell'uomo (FIDH) affermano che spetta alle vittime e non all'associazione Sherpa decidere se proseguire l'azione giudiziaria o raggiungere un accordo. [AT]

Fonte: Responsabiltà Sociale delle Imprese

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