Iraq: ricostruzione e interessi italiani

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La guerra all'Iraq ha acceso l'interesse di numerose aziende occidentali per le commesse di forniture agli eserciti, per gli appalti dei lavori di ricostruzione e per la gestione di materie prime e servizi. L'Italia ha un ruolo preminente in quanto terzo paese per numero di soldati nel paese. Una lista di 350 imprese italiane, stilata dalla Confindustria, sono interessate a partecipare a sub-appalti per la ricostruzione irachena.

Sono almeno cinque imprese gia' indicate dai potenziali general contractors americani come loro partner: Ansaldo Energia, la Astaldi, la Fata Group, la GTT e la Tekind. Entro fine marzo, gli Stati Uniti prevedono di assegnare una prima tranche di lavori per circa 5 miliardi di dollari per la ricostruzione in Iraq. Dieci altri contratti saranno assegnati nei prossimi giorni nei settori dei lavori pubblici, della distribuzione idrica, dei trasporti, delle comunicazioni, della pubblica sicurezza, della giustizia, della sanita' e delle forniture energetiche.

Lo scorso 5 dicembre, alla presenza della Trade Bank of Iraq e della Cpa (Coalition Provisional Authority), tra agenzie di credito all'esportazione, tra cui l'italiana SACE è stata autorizzata la copertura assicurativa pubblica, per più di due miliardi di dollari, agli investimenti in Iraq nei primi sei mesi del 2004. I governi, Italia inclusa, recupereranno eventuali perdite attraverso il Fondo di Sviluppo per l'Iraq (che dal novembre scorso ha sostituito il programma Oil for food), alimentato con i proventi del petrolio esportato e sottratto alla popolazione irachena. Il prossimo 23 aprile, a Roma, l'Autorita' civile provvisoria americana in Iraq, l'Amministrazione statunitense, i general contractors che saranno stati nel frattempo resi noti e le imprese italiane parteciperanno a una riunione organizzata dalla Confindustria: in quella sede, i general contractors, essenzialmente americani e britannici, che hanno maggiore consuetudine a lavorare con il Pentagono e a gestire situazioni complesse, anche dal punto di vista della sicurezza, potranno individuare loro partner italiani per sub-appalti o contratti di fornitura.

La scorsa settimana il Bologna Social Forum ha organizzato una catena umana di protesta con cartelli e bandiere della pace difronte alla filiale di San Paolo IMI, la banca italiana del consorzio internazionale guidato dalla statunitense J. P. Morgan C. & Co. che si è aggiudicato la gara, bandita dalla Cpa, per la gestione commerciale e finanziaria delle attività di Trade Bank of Iraq a favore degli esportatori italiani. La San Paolo IMI conferma la sua indole di banca armata. E' fra le prime, in Italia, nel finanziare l'export di armi, secondo quanto emerge dalla relazione presentata in Parlamento nel 2003. [AT]

Fonte: Decoder, Asca

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