Iraq: pressioni sulle multinazionali

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Il 24 febbraio manifestazioni di protesta in venti città degli Stati uniti e a Londra contro gli uffici di Halliburton, Bechtel e delle altre multinazionali che si arricchiscono con i profitti di guerra e con il business della "ricostruzione". Halliburton, che dopo l'11 settembre, è divenuta fornitrice logistica esclusiva sia della marina che dell'esercito statunitense in settori chiave, ottenendo contratti che non prevedono un tetto di spesa. Definire Halliburton una multinazionale della guerra non è un'esagerazione: nel 2002 ben il 67 per cento del suo fatturato [quasi tredici miliardi di dollari] è stato realizzato fuori del territorio degli Stati uniti. Nel dicembre 2001, la Kbr ha ottenuto un contratto che la impegna "alla presenza, in 72 ore dalla comunicazione, sul teatro di operazioni e alla fornitura. di servizi e supporto logistico a 25 mila uomini ovunque nel mondo nei quindici giorni successivi", come recita l'accordo, assegnato con caratteristiche "d'urgenza e d'ufficio" anziché per concorso.

Intanto continuano le prese di posizione in Italia del "popolo delle bandiere che prende atto che oltre al centrodestra anche molti senatori dell'opposizione hanno votato a favore del rifinaziamento della missione militare italiana in Iraq." Con queste parole Gualtiero Via, referente del gruppo nonviolenza della Rete Lilliput, rete di organizzazioni e persone che hanno dato vita alla Campagna Bandiere di Pace, richiama al principio di coerenza che non è stato rispettato e invita le reti e i gruppi del popolo per la pace a pubblica la lista dei parlamentari che non si sono opposti alla decisione del prolungamento della missione di occupazione in Iraq. "Non si può usare il rifinanziamento delle 10 missioni di pace come giustificazione del "non voto" a una missione militare di occupazione in Iraq che è tutt'altro che un invio di forze di garanzia internazionale a tutela dalle violenze sotto l'egida delle Nazioni Unite - continua Gualtiero Via che plaude ai 42 voti contrari alla missione militare grazie alla pressione di quasi 8.000 email di pressione arrivate ai parlamentari. Intanto la Rete di Lilliput rilancia la spedizione di email anche per il prossimo voto alla Camera sul decreto legge DDL 2700 speranzosa di registrare una condivisione convinta e non opportunistica dei valori del popolo della pace.[AT]

Altre fonti: Venti Marzo, United for Peace

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