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Indonesia: tornano i generali delle miniere
Responsabilità sociale d'impresa
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Trasparenti e regolari secondo gli osservatori internazionali, le elezioni indonesiane hanno premiato l'ex ministro per la sicurezza Yudhoyono. Secondo le proiezioni del Freedom Institute, partner indonesiano del National Democratic Institute di Washington (NDI), Susilo Bambang Yudhoyono sta vincendo le prime elezioni presidenziali a suffragio universale diretto con oltre il 60% dei voti e lasciando alla presidente uscente, Megawati Sukarnoputri, un risicato 38%. I sondaggi hanno sempre dato per favorito Yudhoyono in particolare dopo la vincente prima tornata delle presidenziali ma la signora Sukarnoputri contava nella rimonta che avrebbe dovuto esserle garantita dal patto sottoscritto col maggior partito islamico moderato e, soprattutto, col maggior partito politico indonesiano: il Golkar, l'ex organizzazione di Suharto, abilmente riciclatasi dai tempi della dittatura in una nuova formazione nazional populista che in primavera ha vinto le elezioni legislative. Secondo un sondaggio dell'International Foundation for Election Systems il 32 percento degli indonesiani ha votato usando come principale criterio di selezione la 'personalità' del candidato. Il paese negli ultimi mesi ha momenti difficili per la lotta con i movimenti Aceh e Papua e per gli attacchi terroristici, ultimo quello dell'ambasciata australiana dello scorso 9 settembre.
Megawati contava di recuperare anche grazie all'appoggio del Partito del risveglio nazionale (Pkb), formazione politica nata dopo la dittatura ed espressione della Nahdatul Ulama, la maggior organizzazione islamica (moderata e tradizionalista ma favorevole alla divisione tra stato e religione) che conta nel paese 40 milioni di aderenti. Secondo Emanuele Giordana di Lettera22 lo stesso partito del Golkar si è diviso quando Jusuf Kalla, ex ministro, potente membro del partito e influente uomo politico a livello nazionale e regionale, si è schierato con Yudhoyono. Sta di fatto che il Golkar è anche il partito dei militari e visto che Yudhoyono è un generale a quattro stelle e Megawati una donna in abiti civili, la scelta non deve essere stata facile per la casta degli uomini in divisa: da una parte le indicazioni del partito a sostenere Megawati, dall'altra la garanzie, come dire, dell'aria di caserma. "Yudhoyono non fa parte dell'ala dura dell'esercito. Ma resta un ex generale, cresciuto e riverito all'epoca in cui era il dittatore Suharto a decidere il numero delle stellette da appuntarsi sulla giacca" commenta Emanuele Giordana su Lettera22 secondo cui "può darsi che abbia cambiato idee ma è anche vero che è stato a lungo ministro per la sicurezza e che anche a lui va imputata la sporca guerra in corso a Sumatra e l'opaca repressione nella Papua Nuova Guinea indonesiana".
Lo scorso 31 agosto un panel del governo indonesiano ha annunciato che la Newmont Mining Corporation, la più grande impresa di estrazione dell'oro al mondo, ha illegalmente depositato un ingente quantitativo di rifiuti minerari contenente arsenico e mercurio nell'oceano vicino al luogo della miniera. Il ministro dell'ambiente Nabiel Makarim ha parlato di un risarcimento del crimine ambientale e sociale. Di questo si tratta visto che ormai sono circa 300 le persone contaminate nei villaggi vicini e ci sono stati dei casi di deformazione che hanno portato anche a una morte lo scorso luglio. Circa 120 villaggi saranno esaminati e tra quelli gia visitati il 30 percento è affetto da tumori.
La multinazionale di Denver ha respinto le accuse spiegando che sta operando negli standars indonesiano e americano, questo nonostante gli mancano i permessi per lo scarico dei prodotti che dal 1996 non è riuscita neancora ad ottenere. Presente in Indonesia dal 1980, la Newmont aveva preso accordi con la dittatura di Suharto, conclusasi nel 1998. In questi anni molti dei funzionari ambientali hanno avviato battaglie per regolamentare l'attività della Newmont.
Con i relativi bassi costi rispetto all'oro di prima scelta, tra il 1998 e il 2000 la miniera stava producendo quasi 25 per cento della produzione della multinazionale. Ma tutto questo con un impatto altissimo non solo per la costa della Buyat Bay. Il Jatam, network delle Ong e delle comunità locali che si battono per i diritti degli indigeni colpiti dalle attività minerarie in Indonesia sostengono una campagna di verità e pressioni che denuncia la grave decisione del governo indonesiano di aprire l'attività mineraria alle aree forestali protette. [AT]
Altre fonti: Mining Advocay Network, CorpWatch
Approfondimento: Indigenous Mining Campaign Project, Oilwatch