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India: proteste per l'auto della Tata, partecipata Fiat
Responsabilità sociale d'impresa
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Il "lancio internazionale" della 'Nano', l'automobile più economica al mondo, prodotta dalla ditta indiana Tata Motor non ha mancato di vedere le proteste di piazza dei lavoratori indiani: "La costruiamo col nostro sangue, senza nessuna garanzia di sicurezza e con salari da fame - spiegano i manifestanti che hanno semi bloccato gli ingressi della fabbrica di Singur. "La macchina costa poco non perché i progettisti sono dei geni ma perché non pagano gli operai".
A Singur, una cittadina a una quarantina di chilometri da Calcutta, la Tata ha espropriato 400 ettari di terra fertile che costituivano l'unica fonte di sussistenza di oltre 20.000 contadini per la costruzione della fabbrica della Nano. Dal 2006, gli scontri hanno portato a decine di morti e centinaia di feriti. Grazie all'applicazione di un editto risalente all'epoca coloniale e al basso peso politico dei contadini indiani, Tata Motors è riuscita a portare a termine il suo progetto, a ultimare la Nano e a presentarla in questi giorni all'Auto Show di New Delhi.
La vicenda dell'esproprio è ampiamente documenta dal CDCA che segnala come il progetto della "Nano" vede 'affiancata' anche l'italiana Fiat sia sul piano del contributo tecnico e di progettazione, sia su quello della futura commercializzazione su mercati terzi. "La produzione della Nano è una joint-venture con Fiat ed è perciò che l'evento sta ricevendo in Italia un'attenzione stampa persino maggiore che in India" - denuncia ad 'A Sud' da Medha Patkar sottolineando che Ratan Tata è da quasi due anni membro del Consiglio d'Amministrazione Fiat.
"Qui in India, noi ben sappiamo che la lotta delle popolazioni di Singur non è finita" - afferma Medha Patkar conosciuta per le sue lotte ambientali nonviolente. "E sappiamo che oltre a non essere mai morta per le migliaia di famiglie di contadini, sia proprietari che mezzadri, che han dovuto piegarsi per forza alla violenza del progetto Tata-Fiat, la questione è più che mai aperta per gli aventi-diritto a quei 350 acri di terra che non sono mai stati pagati, perchè i contadini si sono rifiutati e continuano a rifiutare le indennità in danaro, nonostante le fortissime pressioni e promesse".
Il governo del West Bengala, amministrato dal CPI (M) - Partito Comunista Marxista Indiano, non è stato da meno e per far posto alla mega fabbrica ha addirittura utilizzato una legge coloniale: il Land Acquisition Act del 1894, che non prevede si debba chiedere il permesso ai contadini prima di sfrattarli. Appena annunciato il progetto nel maggio del 2006 la popolazione si è mobilitata, nonostante una repressione durissima. Poliziotti privati e paramilitari sono stati spediti a recintare già la metà delle terre requisite - riporta 'A Sud'. Resta da vedere come si evolverà la contesa sul fronte legale.
L'attivista Medha Patkar, intanto, ha lanciato un appello chiedendo di manifestare la protesta inviando lettere e email agli uffici della Tata Motors e di Fiat International. [GB]