Europa: sotto pressione l'ingiusta riforma del lavoro

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In Europa si sta discutendo di una riforma del mercato del lavoro con una proposta di Direttiva approvata dalla Commissione Europea il 13 gennaio 2004 ed è da allora sottoposta al vaglio del Consiglio Europeo. La Direttiva Bokestein, che prende il nome dal suo ideatore, tra i punti critici prevede il 'principio del paese d'origine' con cui si crea un vero è proprio "dumping" sociale verso le legislazioni dei Paesi a più alta protezione sociale e del lavoro, affinché riducano, in nome della competitività, i propri standard di garanzie. I tempi previsti di approvazione sono slittati in seguito alle mobilitazioni che hanno aperto contraddizioni ai diversi livelli, anche nei Governi stessi e del Parlamento Europeo. Ora la Direttiva è al vaglio, tra l'altro, delle Commissioni Ambiente, Lavoro e Industria, Affari Sociali e Mercato Interno. La Commissione Ambiente ha espresso un parere fortemente critico, chiedendo l'esclusione dei servizi di interesse generale dall'applicazione della direttiva, chiedendo il ritiro del principio del paese d'origine, e chiedendo la non operatività della direttiva fino a quando non sia approvata una direttiva specifica sui servizi di interesse generale. Al contrario la Commissione Lavoro e Industria si è pronunciata molto favorevolmente per un'approvazione della direttiva così com'è.

Una importante novità si è invece registrata nella Commissione Mercato Interno, nella quale la relatrice Evelyne Gebhardt (della Spd tedesca) ha presentato un testo radicalmente emendatorio, che, se preso in blocco, in buona sostanza snaturerebbe la Direttiva Bolkestein. Il testo presentato, infatti, oltre ad escludere totalmente dal campo di applicazione tanto la legislazione sul lavoro, quanto quella relativa ai servizi di interesse generale, sostituisce il principio del paese d'origine con il principio del mutuo riconoscimento abbinato all'armonizzazione normativa e al principio del paese di destinazione. In pratica, si tratta di un pacchetto di modifiche che "se prese in blocco significherebbero un tale cambiamento da mettere in discussione il senso stesso della direttiva. Naturalmente, occorre tener conto del fatto che questo testo modificato allo stato attuale è non molto più che una proposta della relatrice, senza alcuna garanzia di una maggioranza che lo sostenga; oltre al fatto che, se in sede di discussione le modifiche proposte non fossero votate in blocco, bensì selettivamente, i vantaggi possibili svanirebbero repentinamente.

Dopo questo passaggio nelle Commissioni la Direttiva passerà in prima lettura al Parlamento Europeo - data ipotizzata 8 giugno- il quale potrà produrre e votare emendamenti. Gli emendamenti del PE, i pareri del Consiglio Europeo e i pareri delle Commissioni saranno oggetto di una rivisitazione complessiva della Direttiva, che infine verrà ripresentata al Parlamento Europeo in seconda e definitiva lettura, durante la quale il PE potrà solo approvare o respingere la Direttiva (data prevista 29 settembre).

E' importante sottolineare come, per le procedure dell'UE, gli emendamenti e i pareri, anche se votati, non modificano automaticamente la Direttiva, ma vengono considerati "opinioni" di cui tenere conto nella ridefinizione complessiva del testo.

Da una posizione iniziale in cui tutti i Governi si erano espressi positivamente, con richieste leggere di deroga per questo o quel servizio, si è passati ad una posizione fortemente dialettica, nella quale si trovano oggi schierati per la Direttiva il governo inglese e quelli dei paesi dell'est; su posizioni fortemente critiche sono invece posizionati il governo tedesco, e soprattutto il governo francese, il cui Presidente Chirac ha chiesto addirittura l'azzeramento della Direttiva. Il Governo italiano, favorevole alla Direttiva, non sembra tuttavia aver assunto un particolare ruolo politico in questa fase. Per quanto riguarda le forze politiche presenti al Parlamento Europeo il gruppo GUE/NGL (sinistra radicale) è schierato per il ritiro; su posizioni fortemente critiche, anche se non chiedono il ritiro, sono posizionati i Verdi e il Gruppo Socialista. Gli europarlamentari italiani che fanno riferimento all'Unione hanno approvato un documento unitario contro la Direttiva Bolkestein, a cui per ora non ha fatto seguito analoga posizione nelle votazioni concrete : ad oggi gli europarlamentari della Margherita, quando si trovano di fronte al voto su mozioni e ordini del giorno sull'argomento, votano a favore della Bolkestein.

Per quanto riguarda la mobilitazione sociale e sindacale, è molto forte in Belgio, in Danimarca, in Francia e in Germania. In Italia sta crescendo e sono ormai diverse decine le iniziative in corso in tutti i territori. Il punto alto della mobilitazione europea è stato il 19 marzo, quando una manifestazione di 120000 persone ha invaso Bruxelles. Significativa la partecipazione dei lavoratori dei paesi dell'est.

Le reti di movimento sono tutte schierate per il ritiro della Direttiva, così come i sindacati di base, mentre la Confederazione Europea dei Sindacati (Ces), pur essendo partita con un'opposizione a dir poco timida, ha visto crescere al proprio interno la pressione di diverse categorie europee schierate per il ritiro (Funzione Pubblica, Fiom, Edili, Scuola, Trasporti etc.) ed è ora approdata ad una posizione fortemente critica, anche se ancora immersa nell'ambiguità della richiesta di "forti emendamenti" alla Bolkestein.

E anche il 1° maggio, Festa dei lavoratori, le organizzazioni che sostengono la campagna "Stop Bolkestein" promuovono iniziative con la raccolta di firme sulla petizione popolare e l'iniziativa sugli Enti Locali perchè si pronuncino contro la Direttiva. Tra questi c'è stato il Comune di Agliana che dopo aver votato una mozione sulla Direttiva ha ricevuto una lettera dalla Commissione Europea. Per chiarire meglio le richieste degli Enti locali la Campagna ha proposto una lettera di aggiornamento verso l'Ue. A questa richieste si aggiunge la proposta di Attac Italia di rivedere la riforma della pensione, prospettata dall'attuale Governo Berlusconi attraverso il ricorso alla Legge Delega, che vede oggi il ricorso ai fondi pensione costringere lavoratori a giocarsi il loro futuro in borsa senza alcuna certezza, a sperare che lo sfruttamento di altri lavoratrici e lavoratori, dell'ambiente e dei paesi del sud del mondo garantisca rendimenti sufficienti ai fondi pensione che là hanno investito per avere una pensione decente. Una richiesta di pensione pubblica che comprende un no alla precarizzazione del lavoro dal pacchetto Treu alla Legge 30. Un non alla precarizzazione del Tfr e un rilancio a un percorso verso una pensione pubblicca dignitosa. Per questi motivi Attac Italia il 1° maggio sarà presente alle manifestazioni del 'May Day'. [AT]

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