Cooperazione internazionale: per un commercio più equo

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Se la cooperazione internazionale si propone di essere volano di sviluppo nei paesi del Sud del pianeta, anche il commercio equo e solidale ne può essere uno strumento. Il commercio equo è una partnership economica basata sul dialogo, la trasparenza e il rispetto e mira ad una maggiore equità nel commercio internazionale. Questi, si sa, è costituito da una lunga e complessa catena, che schiaccia inevitabilmente l'anello più debole, cioè il produttore del Sud. Il pagamento che gli viene fatto per il lavoro o per l'acquisto dei prodotti è spesso al limite della sussistenza. Ciò perpetua povertà e sottosviluppo e rende impossibile uscire dal circolo vizioso. Il benessere dei paesi ricchi è basato sull'indigenza dei paesi poveri.

Il commercio equo prova a rovesciare questo meccanismo di sfruttamento, organizzando tutta la sua filiera in funzione del riconoscimento di un prezzo equo al produttore. Dove per "equo" si intende tale da consentire una vita dignitosa e da avere la possibilità di sviluppare l'attività economica. È previsto il prefinanziamento, in modo da consentire l'acquisto delle materie prime e di far fronte alle altre spese iniziali di produzione. Da parte sua, il produttore si impegna a rispettare alcune regole essenziali: correttezza nei trattamenti salariali, democraticità nella gestione interna, nessuna forma di lavoro minorile, rispetto dell'ambiente, investimenti con risvolto sociale e con ricadute sulla comunità.

Vengono promosse quante più attività di trasformazione possibili direttamente nei paesi produttori di materie prime. Ad esempio: le prime lavorazioni di prodotti agricoli e le successive trasformazioni. In questo modo si aumenta la quota del valore economico finale del prodotto che resta alle imprese locali di produzione. Si trattano in preferenza prodotti che necessitano di lavorazioni a elevato valore aggiunto, effettuabili nei paesi di origine.

Si punta poi alla sostenibilità ambientale, privilegiando produzioni biologiche, l'uso di materiali riciclabili e processi produttivi e distributivi a basso impatto ambientale. Il commercio equo sostiene le forme tradizionali di produzione, in armonia con l'applicazione di tecnologie appropriate. Per i prodotti alimentari viene incentivata, garantendo maggiorazioni di prezzo, la produzione secondo i criteri dell'agricoltura biologica, certificata da enti riconosciuti a livello internazionale

L'azione del commercio equo non è sporadica. La regola è che il rapporto con un territorio deve durare almeno 5 anni. Questo aiuta a superare la tentazione di abbandonare territori al loro destino soprattutto quando non nascono subito condizioni per far partire un business.

In definitiva si può dire che il commercio equo contribuisce ad uno sviluppo sostenibile complessivo attraverso l'offerta di migliori condizioni economiche e assicurando i diritti dei produttori marginalizzati dal mercato e dei lavoratori nel Sud del mondo. Il commercio equo si adopera anche a livello culturale e di sensibilizzazione, convinto che le regole del commercio cambiano anche se c'è una spinta dal basso di consumatori sensibili, critici, coscienti. Suo compito è anche quello di divulgare informazioni sui meccanismi economici di sfruttamento (tramite la vendita dei prodotti ma anche con campagne, corsi, incontri, attività editoriali), favorendo e stimolando nei consumatori la crescita di un atteggiamento alternativo al modello economico dominante e la ricerca di nuovi modelli di sviluppo.

Di tutto questo e di "Nuova cooperazione" si parlerà in un seminario e incontro pubblico a Trento il domani 14 marzo. Con un piccolo ma ambizioso obiettivo: l'elaborazione e la presentazione di una 'carta' che aiuti la cooperazione a ragionare senza reticenze su se stessa.

di Giampiero Girardi
(Presidente della cooperativa Mandacarù)

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