Commercio: i dazi Ue e il no agli accordi Wto

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L'Unione europea imporrà dal 1° maggio dazi commerciali del 15% su una serie di prodotti provenienti dagli Stati Uniti. A renderlo noto è la Commissione Europea, che spiega come il provvedimento sia stato addottato in rappresaglia alla mancata modificata da parte di Washington dall'emendamento Byrd, una normativa anti-dumping usata dal governo americano per distribuire sussidi alle imprese e condannata dall'Organizzazione Mondiale del Commercio meglio conosciuta come Wto. I beni colpiti dalle sanzioni vanno dalla carta, a certi prodotti agricoli e tessili fino ai macchinari, per un valore che dovrebbe aggirarsi intorno ai 28 milioni di dollari. L'emendamento Byrd è stato dichiarato illegale dalla Wto nel gennaio 2003. Questa decisione dimostra come dopo dieci anni di un nuove regole internazionali definite e sorvegliate dall'Organizzazione mondiale del commercio, si sta capendo che il libero commercio non funziona e non riesce a soddisfare le tante promesse sbandierate.

Questo porta a un rischio di accanirsi contro i paesi emergenti nell'economia globale, quali la Cina e l'India, che hanno il diritto di affacciarsi sulla scena mondiale e partecipare al dibattito su quali regole fissare per gli scambi commerciali. I nuovi accordi in via di definizione, puntano alla privatizzazione in tutto il mondo dei servizi pubblici di base tra cui l'acqua, l'elettricità, la salute e l'istruzione. E' giunto il momento di scegliere da che parte stare, di decidere se mettere in discussione questo sistema al ribasso o di continuare ad ignorarne i segnali di crisi fino al tracollo. Per questo in tutto il mondo dal 10 al 16 aprile organizzazioni della società civile, movimenti, chiese, sindacati hanno scelto di mobilitarsi all'interno della 'Global Week of Action' per riaprire finalmente l'agenda politica internazionale ed affermare il diritto a pensare ad altri modelli di commercio ed economici. In Congo si raccolgono firme e si organizzano concerti, in Ghana si spediscono polli in Parlamento per protestare contro il dumping, in Kenya si gioca una partita di pallone con regole ingiuste, sbagliate quanto le regole della Wto, in Senegal sono state organizzate azioni simboliche contro la privatizzazione dei servizi essenziali, mentre in Zambia e in Zimbabwe sono le chiese ad attivarsi con celebrazioni ecumeniche.

Negli Stati Uniti gli agricoltori mettono in campo una campagna di pressione contro il crollo dei prezzi delle materie prime agricole, in Brasile va avanti una campagna di cartoline per un commercio giusto, in Bolivia il teatro scende in strada e in Honduras i movimenti delle donne riflettono sull'impatto del neoliberalismo su se stesse. In India la società civile si mette in cammino promuovendo in tutto il Paese marce per un'economia di giustizia, nello stile della Marcia del Sale promossa da Gandhi, in Bangladesh tutti in piazza, nelle Filippine si fa spazio un appello per la sovranità alimentare e nei Paesi colpiti dallo Tsunami come lo Sri Lanka le organizzazioni sindacali e di base rilanciano un invito all'azione perché, dopo il clamore dei giorni più tragici, non si utilizzi la ricostruzione come alibi perché le imprese europee (e non solo) impiantino fabbriche, aree turistiche e infrastrutture insostenibili in quelle stesse zone martoriate, ignorando le richieste delle popolazioni locali.

In Italia le organizzazioni che promuovono l'Osservatorio italiano sul commercio internazionale chiedono a tutti i cittadini italiani di scrivere al presidente della Repubblica, ai presidenti di Camera e Senato, ai sindacati e ai principali protagonisti per chiedere ragione delle politiche commerciali italiane ed europee, che ignorano i cambiamenti sullo scenario: "Tutti, incluso il Presidente della Repubblica - denunciano le organizzazioni di Tradewatch in una lettera aperta - ripongono nella questione del libero commercio "senza se e senza ma" una cieca fiducia, senza però dare una risposta al perché, dopo dieci anni di un nuove regole internazionali definite e sorvegliate dall'Organizzazione mondiale del commercio, il libero commercio non funzioni e non riesca a soddisfare le tante promesse sbandierate. Di fronte ad una crisi evidente del fondamentalismo neoliberista, sarebbe necessario affrontare con serietà i problemi strutturali dell'economia internazionale e non nascondersi dietro rivendicazioni di parte".

Tra le proposte concrete che verranno rilanciate nelle tante iniziative previste in Italia c'è la Campagna "Acquisti Trasparenti", nata nel 1997 sull'etichettatura dei prodotti, che è quasi arrivata a far approvare una legge che favorisca il rispetto dei diritti dei lavoratori all'estero e il diritto dei consumatori italiani a conoscere quali condizioni di lavoro si nascondono dietro quello che viene venduto in Italia: nei piccoli bazar di cineserie come nelle boutiques nelle più prestigiose. Tre anni di lavoro, e diverse centinaia di firme della petizione popolare che la sosteneva andarono in fumo con lo scioglimento anticipato delle Camere. Ma oggi nessuno dei politici oggi in prima fila per i dazi se la ricorda e per questo le organizzazioni vogliono rinfrescare loro la memoria. [AT]

Altre fonti: April 2005 - Global Week of Action, Roba dell'Altro Mondo, Trade Watch

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