Coca-Cola: caso Torino e replica a Furio Colombo

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La Coca-Cola è entrata di forza nel consiglio comunale di Torino. Lunedì 14 novembre è passato per 12 voti a favore, 11 contrari e 6 astenuti ( ma ben 20 erano i consiglieri assenti), un'ordine del giorno del Consiglio comunale torinese, con il quale si chiede di togliere le bevande della multinazionale di Atlanta dai distributori automatici presenti negli edifici comunali. Una scelta che ha fatto infuriare il Sindaco Chiamparino, spaccato i partiti del centrosinistra e che sta creando molto imbarazzo nella macchina organizzativa di Torino 2006, che ha proprio la multinazionale come uno dei principali sponsor, con uno stanziamento diretto 8 milioni di euro, più altri milioni garantiti al Cio. Il Sindaco Chiamparino ha fissato per lunedì prossimo un incontro chiarificatore con Nicola Raffa, consigliere delegato della Coca Cola. Forte attenzione alla vicenda è stata data dai media nazionali.

Per la Rete Boicottaggio Coca-Cola (Reboc) quella in corso è da considerare una campagna di disinformazione, in cui rientra anche l'articolo di Furio Colombo pubblicato sull'Unità del 17 novembre. Un impasto che per non parlare delle malefatte della Coca Cola, passa da Martin Luther King alle vicende del Medio Oriente e conclude con questo pensiero: "Ma la Coca Cola? Mi sembra di capire che una parte del Consiglio comunale torinese ha risposto al richiamo di una leggenda metropolitana. C'è chi crede in buona fede. Ma resta una leggenda che si scosta alquanto dalla storia. S'intende che conosco il rischio di questa nota, e attendo le precisazioni irate che seguiranno".

Ed ecco che la Reboc risponde direttamente a Furio Colombo. "Non sappiamo se dietro al Suo articolo ci sia solo scarsa informazione oppure un semplice favore a qualcuno dei Suoi amici diventati membri del Consiglio di Amministrazione della Coca-Cola, oppure qualcosa di ancor peggio". La Reboc ha chiesto all'Unità di riparare alla disinformazione prodotta segnalando le informazioni contenute nel dossier pubblicato sul sito della campagna, che documenta le violazioni che Coca-Cola commesse non solo in Colombia, ma anche in India e in altri 16 Paesi del mondo, violazioni che vanno dalla repressione dei sindacati (la più diffusa) alla discriminazione razziale, dalla violazione del diritto alla sopravvivenza delle comunità locali al diritto alla salute dei consumatori, per finire con i reati ambientali.

Sul racconto fatto da Colombo della Coca-Cola in quanto "prima azienda ad assumere giovani neri, uomini e donne e ad aprire percorsi per diventare quadri e dirigenti", la Reboc precisa che nell'aprile del 1999, un gruppo di dipendenti della Coca-Cola ha presentato una denuncia collettiva accusando la compagnia di sistematica discriminazione razziale contro gli afroamericani. Dopo una lunga battaglia legale, in cui Coca-Cola inizialmente ha negato ogni addebito, come fa sempre i questi casi, la Coca-Cola si è accordata per il pagamento di 192,5 milioni di dollari, il patteggiamento più oneroso tra tutte le accuse di discriminazione razziale avviate negli Stati Uniti.

La risposta della Reboc non poteva che con un richiamao alla situazione colombiana, dove i sindacalisti sono i principali bersagli della violenza diffusa. Negli ultimi 20 anni ne sono stati assassinati 4000, senza contare coloro che sono dovuti fuggire dal paese e quelli che sono stati vittime di torture, minacce e detenzioni arbitrarie quanto ingiuste. È in questo scenario che sono venute a conoscenza della società civile internazionale le violazioni attribuite alle imprese di imbottigliamento della Coca-Cola. Il tribunale federale della Florida ha inoltre accettato le prove a carico delle imprese imbottigliatrici depositate dal Sinaltrainal, incriminando le aziende colombiane per tortura e omicidio. Nel caso specifico va inoltre ricordato che Coca-Cola controlla pienamente le aziende colombiane di imbottigliamento, essendone il principale committente, e detenendo il 39,6% della proprietà di queste aziende ed il 46% delle azioni con diritto di voto, oltre ad essere rappresentata nel Consiglio di Amministrazione da dirigenti di alto livello.

Nella "leggenda metropolitana" - come la definisce il boicottaggio Furio Colombo sull'Unità - sono 'cadute' un centinaio di università statunitensi, e tra i sindacati il tedesco VERDI, l'inglese UNISO, lo statunitense TEAMSTERS e anche l'italiano FIM CISL. In Italia, oltre al Comune di Torino, hanno aderito alle richieste della campagna anche tre Municipi di Roma (il IV, il X e l'XI), la città di Empoli, 7 Comuni dell'empolese-valdelsa, il Comune di Fiano Romano, la Rete del Nuovo Municipio, che riunisce 300 tra associazioni ed enti pubblici, la Regione Lazio, un centinaio di associazioni e 18.000 persone che promuovono attivamente la campagna. Una pressione popolare che ha portato Coca Cola ad accettare una commissione d'inchiesta indipendente, composta da istituzioni e società civile italiana nonché dallo stesso sindacato colombiano promotore del boicottaggio. Ma la campagna continuerà fino all'accertamento delle responsabilità insieme alla riparazione integrale dei danni subiti dalle vittime. "Per noi la vita di un essere umano e il rispetto dei suoi diritti in quanto tale valgono molto di più di una lattina di Coca Cola e, se ci permettete, anche di una torcia olimpica" conclude la lettera di Reboc che invita a sondaggio pubblicato sul sito del programma " Prima Pagina" di Radio Rai, relativo alla sponsorizzazione olimpica da parte di Coca Cola. [AT]

Approfondimento: Campagna di Boicottaggio Coca-Cola

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