www.unimondo.org/Guide/Economia/Responsabilita-sociale-d-impresa/Clima-accordo-dopo-Kyoto-Italia-maglia-nera-53171
Clima: accordo dopo Kyoto, Italia maglia nera
Responsabilità sociale d'impresa
Stampa
A Montreal, dopo 15 giorni di trattative è stato raggiunto l'accordo per far sopravvivere il protocollo di Kyoto anche dopo la data di scadenza prevista, il 2012. Il documento finale ha dovuto essere notevolmente ammorbidito perché anche gli Usa accettassero di firmarlo. Due i punti essenziali del documento finale approvato da 189 Paesi: un percorso "aperto" per estendere oltre il 2012 il protocollo di Kyoto, che prevede una riduzione progressiva delle emissioni causa dell'effetto serra; l'apertura di un dialogo, della durata di due anni, per coinvolgere tutti i Paesi, compresi quelli che non hanno aderito a Kyoto, nella ricerca di misure per combattere i cambiamenti climatici in corso. La pressione su Washington è stata fortissima da parte delle altre delegazioni. Il primo ministro canadese, padrone di casa, è arrivato ad accusare Washington di non fare la propria parte nella battaglia per il clima.
Per il Wwf e Legambiente a Montreal si e'verificato un passo avanti importante. L'ostruzionismo degli Usa durante le trattative ha completamente isolato l'amministrazione Bush, che alla fine ha pero' ceduto e aperto una finestra di dialogo. Gli Usa, principali produttori di gas serra, non hanno preso impegni vincolanti per tagliare le emissioni ma per la prima volta si sono detti disponibili a ragionare sul futuro e a svolgere un ruolo piu'attivo per frenare il riscaldamento del pianeta. "L'Europa ha avuto un ruolo importante tenendo fermo il principio che per contrastare i mutamenti climatici bisogna ridurre secondo target vincolanti le emissioni di gas serra. Guardando invece Montreal dal punto di vista italiano va evidenziato l'atteggiamento ambiguo e inadempiente del governo Berlusconi: a casa nostra non ha fatto nulla per ridurre le emissioni che infatti crescono piu' che in ogni altro Paese europeo, qui a Montreal ha ostinatamente favorito la posizione americana, qualunque essa fosse" hanno precisato le due associazioni ambientaliste.
L'Italia si conferma il paese più inadempiente in Europa. Emissioni di gas serra incrementate, un imbarazzante ritardo per la presentazione dell'elenco delle imprese sottoposte ai controlli, sussidi alle aziende inquinanti e la grave mancanza di un serio piano strategico. "Non solo la auspicata inversione di tendenza non è avvenuta, ma si è persino registrato un incremento di oltre il 12%. E l'Italia risulta anche il Paese meno disponibile ad assumere impegni per il "dopo-Kyoto", cioè per il dopo 2012" spiega il Wwf. Basta vedere quanto è accaduto con il Piano Nazionale di Allocazione delle emissioni (NAP): l'Italia non solo è arrivata con l'imbarazzante ritardo di un anno, per la redazione dell'elenco delle imprese sottoposte all'Emission Trading Scheme (ETS) sul commercio delle emissioni di CO2, ma la sua efficacia risulta fortemente penalizzata a causa del distorto sistema di sussidi alle aziende inquinanti.
Nella legge Finanziaria sono stati stanziati 100 milioni di euro per andare in soccorso delle aziende più inquinanti. Il meccanismo l'Italian Carbon Fund (ICF) costituisce un sistema di sussidi che finisce col danneggiare o addirittura scoraggiare proprio quelle aziende che stanno percorrendo la strada dell'efficienza e della riduzione delle emissioni.
"L'assenza di una politica complessiva - denuncia Gianfranco Bologna, Direttore Scientifico del WWF Italia - tesa alla riduzione delle emissioni è strettamente connessa alla mancanza di un serio piano energetico: l'Italia piuttosto che contenere il consumo di combustibili fossili investendo in efficienza energetica e fonti rinnovabili preferisce affidarsi ai meccanismi flessibili del Protocollo e andare ad investire in dubbi progetti in termini di efficacia all'estero. Il fatto che nessuna azione concreta sia stata messa in campo per cercare di agire sulla riduzione dei trasporti su gomma, a favore della rotaia e del cabotaggio marino, rappresenta un altro pericoloso segnale". [AT]
Altre fonti: Unità, La nuova ecologia