Bolivia: Mesa si dimette e scarica le colpe sui movimenti

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Il presidente della Bolivia, Carlos Mesa, vuole presentare le sue dimissioni al Parlamento, a causa delle manifestazioni che stanno bloccando il Paese. Da giorni sindacati e contadini locali hanno organizzato scioperi e blocchi stradali che hanno provocato disordini soprattutto a La Paz e El Alto

, non lontano dalla capitale, contro il rincaro del prezzo dell'acqua potabile (l'ultimo aumento del 23% è di dicembre) e la vendita del gas all'estero. Il capo di Stato nel suo discorso alla nazione ha polemizzato in particolare con Evo Morales, leader del principale partito di opposizione (Movimento al socialismo, Mas) e con i responsabili dei contadini che hanno deciso di intensificare nuove proteste in tutta la Bolivia. L'annuncio di dimissioni è stato definito "un ricatto" da Morales, che ha accusato Mesa di "incapacità di risolvere i problemi del Paese".

In piazza scendono anche migliaia di sostenitori di Mesa che chiedono al presidente di ritirare le sue dimissioni. A La Paz Mesa si è affacciato al balcone del palazzo presidenziale sventolando una bandiera boliviana in compagnia dei ministri della Presidenza, José Galindo, e dell'Interno, Saùl Lara, due dei suoi più fedeli collaboratori, per ringraziare i manifestanti. Simili eventi si sono svolti anche in città come Cochabamba e Sucre, non a El Alto, ormai diventata la vera roccaforte del movimento popolare e contadino che si oppone a Mesa.

Il Congresso si è riunito per discutere le dimissioni del capo dello Stato e per decidere se respingerle o convocare elezioni anticipate, come chiesto poco fa da Felipe Quispe, capo della forte Confederazione sindacale unica dei lavoratori contadini della Bolivia (Csutcb), che ancora una volta ha sottolineato l'incapacità politica e morale di Mesa di governare il Paese. Nell'ottobre del 2003 Mesa era vicepresidente quando prese il posto di Gonzalo Sánchez de Lozada, costretto alle dimissioni da analoghe proteste contro la vendita del gas all'estero; in quella circostanza le proteste di massa vennero sedate in modo violento dalle forze dell'ordine, che a El Alto - sobborgo abitato da strati molto poveri della popolazione sulle alture intorno a La Paz - uccisero almeno 67 persone e ne ferirono centinaia.

Per l'associazione di cooperazione internazionale "Asud" il Presidente Mesa sta tentando di "far ricadere sulla società civile e sui movimenti la responsabilità della crisi boliviana, occultando le reali responsabilità del suo governo incapace di soddisfare le necessità basiche di milioni di boliviani che vivono al di sotto della linea di povertà". I veri motivi della crisi boliviana sono da ricercare nelle politiche economiche che hanno in questi anni costantemente impoverito il paese e scaraventato oltre il 70% della popolazioni nella miseria. In questo momento è messo in discussione lo strapotere delle multinazionali che hanno l'obiettivo di privatizzare le principali risorse e controllare il paese tenendo sotto controllo la "classe politica" del paese. Le scelta di Mesa di dimettersi incolpando coloro che difendono il proprio diritto alla vita lascia presagire una situazione che potrebbe portare a legittimare l'utilizzo della forza e lo strumento della repressione contro una società in movimento.

A partire da queste considerazioni l'associazione Asud invita a spedire un'e-mail per aderire all'appello che appoggia la proposta dei cittadini di El Alto organizzati insieme per richiedere l'annullamento del contratto con la multinazionale Suez e la creazione di una società pubblica in cui vengano garantiti democrazia, responsabilità e controllo sociale. A questo si aggiunge la condanna verso la multinazionale Suez che dopo la scadenza del contratto ha minacciato di presentare una richiesta legale al governo boliviano presso il Centro Internacional de Arreglo de Diferencias Relativas a Inversiones (CIADI), un ramo della Banca Mondiale che possiede l'8% delle azioni della compagnia Aguas del Illimani con un chiaro conflitto di interessi. [AT]

Altre fonti: A Sud

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