Acqua: Napoli, il Tar boccia la privatizzazione

Stampa

La privatizzazione dell'acqua in Campania prende inizio il 23 novembre 2004, quando i 136 sindaci dell'Ato2 (ambito territoriale ottimale) Napoli-Castelvolturno, hanno deliberato in merito alla gestione del sistema idrico integrato (SII) proponendo di votare tra la gestione mista e quella privata, escludendo l'in house (completamente pubblica). Dopo una votazione cui molti sindaci non parteciparono, delegando altri a votare al posto loro, si è optato per una gestione mista, ovvero il 60% gestito dal pubblico e il 40% dal privato (attraverso bando di gara), prevedendo nel giro di due anni la cessione di un altro 9% al privato. Questo significa uno spostamento della maggioranza verso il privato nella gestione del ciclo idrico completo, che comprende acquedotto,fognature e depurazione.

Da allora in poi il Nodo di Napoli di Rete Lilliput si è impegnato a far sapere ai cittadini, in quanto fruitori del servizio, quanto stava accadendo:ovvero il bene comune acqua, diritto di tutti, stava per essere venduto ai privati come qualsiasi merce. Il Nodo ha così deciso di costituire il Comitato civico per la difesa dell'acqua di Napoli, e di lì a poco altri ne sono nati a Napoli e Caserta.

Il loro scopo è quello di sollecitare le Istituzioni, affinché ritirino la delibera, blocchino la gara e optino per una gestione in house. Il principio base è: No alla privatizzazione del SII. Ulteriori iniziative ed incontri con i sindaci, conferenze stampa, incontri nelle circoscrizioni, volantinaggi, manifesti, ecc. sono stati attuati. Una quarantina di sindaci ora sono sostenitori attivi dell'in house e hanno richiesto che venisse messo all'odg dell'assemblea dell'ATO2 lo studio della fattibilità della gestione pubblica. Sono stati presentati al TAR quattro ricorsi (da due sindaci e da due delegati) affinché si rivedesse e si ritirasse la delibera.

Ed ecco che il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha bocciato le due delibere della Regione Campania che spianavano la strada ai privati, in particolare all'Eni Acqua Campania, per la gestione degli impianti idrici attraverso la ristrutturazione e la gestione degli acquedotti campano e occidentale. Una sentenza che se da una parte ribadisce la gestione pubblica dell'acqua, dall'altra affida a Eni Acqua l'ammodernamento della rete idrica autorizzando quindi anche la partecipazione dei privati. La sentenza del Tar andrebbe a impedire la svendita dell'ARIN,acquedotto napoletano,che serve 26 comuni campani,e quasi 1.700.000 utenti ,di cui 1.000.000 solo a Napoli. Ora la Regione potrebbe ricorrere al Consiglio di Stato. Ma è bene ricordare che lo scorso giugno, dopo una agitata assemblea dei comuni coinvolti nell'Ambito territoriale si è deciso di affidare fino al 15 settembre a un tavolo tecnico la fattibilità della gestione "in house" e che il 30 settembre si chiuderà la gara per decidere a chi affidare la gestione del servizio idrico.

"Fin ad ora, tranne rare voci, si è data enfasi particolare al processo di privatizzazione della gestione delle infrastrutture che riguardano la rete potabile, cercando di sottrarla alla gestione pubblica attraverso i tentativi (peraltro poco riusciti) da parte degli ATO di far gestire al privato la rete pubblica (per 20- 30 anni in media) e di far pagare, oltre agli aiuti comunitari, gli investimenti necessari con la tariffa del ciclo completo dell'acqua (distribuzione, fognatura e depurazione)" commenta Nino Lo Bello - referente del gruppo sull'acqua di Rete di Lilliput - in una sua analisi sul governo dell'acqua. Secondo l'emerito professor Giorgio Nebbia, "l'acqua venduta ai cittadini è un bene costoso anche perché alcune zone di ciascun paese sono ricche di acqua di buona qualità e altre hanno poca acqua a disposizione. Nelle isole minori italiane l'acqua addirittura deve essere portata con navi cisterne, in altre deve essere ricavata dal mare per dissalazione con costosi impianti. Per questo l'acqua, in quanto bene essenziale e irrinunciabile, dovrebbe avere lo stesso prezzo in qualsiasi parte del paese, a Trento come a Pantelleria". Inoltre secondo Nebbia, "chi vende l'acqua dovrebbe prevedere delle tariffe differenziate in modo da scoraggiare l'uso eccessivo di acqua, o l'uso di acqua di alta qualità per fini non alimentari o igienici, che potrebbero essere soddisfatti con acqua di qualità inferiore, per esempio con acqua usata depurata". [AT]

Ultime su questo tema

L'economia circolare conviene, ma...

07 Novembre 2023
I consumi crescono più del riutilizzo, penalizzando l'economia circolare e il suo indotto. (Alessandro Graziadei)

Abbiamo bisogno del 1 maggio!

30 Aprile 2023
Perché è la  Festa dei Lavoratori ed è il momento giusto per alzare la testa e denunciare le troppe cose non vanno attorno al lavoro. (Raffaele Crocco)

Dietro l’accordo sul gas Italia-Libia

04 Febbraio 2023
Un progetto ambizioso in un Paese diviso e instabile. E motovedette per "salvare" i migranti. (Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo)

L’obiezione di coscienza professionale all’industria bellica

23 Dicembre 2022
Una reale comprensione della nonviolenza ci consentirà di comprendere la natura profondamente sovversiva che la connota; infatti è il movimento per la pace che si fa portavoce della nonviolenza e h...

Oggi a Verona la nuova fiera delle armi con accesso ai minori

30 Aprile 2022
Si inaugura oggi a Verona la fiera delle armi “European Outdoor Show” (EOS). Accesso consentito a tutti, minori compresi. (Giorgio Beretta) 

Video

RSI: intervista a Lorenzo Sacconi, direttore di Econometica