Turchia: riprende la mobilitazione contro la diga di Ilisu

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Cresce la mobilitazione ambientalista in Turchia contro il progetto di edificazione della diga di Ilisu, parte integrante del Progetto dell'Anatolia Orientale. Convocato dal coordinamento "Facciamo vivere Hasankeyf". Dopo che a fine anni novanta le proteste e le mobilitazioni internazionali avevano fatto desistere dal proposito di costruire una diga un consorzio internazionale, guidato dalla svizzera Sulzer AG, facendo nascere speranze per un rilancio in chiave turistica di Hasankeyf, le voci di una ripresa dell'attività intorno al progetto della diga hanno ricominciato da mesi a farsi più insistenti. Ora, un nuovo consorzio internazionale ha avviato i lavori per la diga di Ilisu, sul Tigri, che provocherà la scomparsa del paese di Hasankeyf: sono a rischio il patrimonio storico e ambientale dell'area - riporta l'Osservatorio sui Balcani.

Inizialmente, di fronte alle voci di una ripresa dei lavori per la diga, era intervenuto nei mesi scorsi anche il presidente Erdogan con l'intento di rassicurare. In tre diversi occasioni aveva data garanzie sul futuro del paese: "Hasankayf si salverà". Anche il direttore provinciale del DSI di Batman aveva rassicurato tutti rivelando che "su indicazione del presidente Erdogan il fascicolo della diga di Ilisu è stato archiviato".

L'ottimismo però ha avuto vita breve. Negli ultimi giorni del 2005 i rappresentanti locali e nazionali del DSI hanno organizzato una serie di incontri nelle città della regione. Accompagnati da rappresentanti del consorzio internazionale, che comprende ditte turche, svizzere, tedesche ed austriache, che finanzierà e realizzerà il progetto, hanno messo la popolazione di fronte alla realtà: la diga si farà. I lavori cominceranno nella primavera del 2006,dureranno sette anni ed il costo dell'intera operazione è previsto in 1.200.000 euro. Al termine dei lavori, la diga, "una delle opere fondamentali del GAP", "la seconda diga del paese", come l'hanno definita, le cui acque raggiungeranno i 526 metri di altezza, produrrà 3833 Gwh l'anno, che in termini economici significano 300 milioni di dollari. Saranno più di 200 gli insediamenti umani che finiranno sommersi dalle acque costringendo più di 80.000 persone ad abbandonare le loro case.

Le parole di Nuri Bagdatoglu, rappresentante dell'associazione Doga (Natura) di Ankara, riassumono l'irritazione di quanti - autorità locali, rappresentanti della società civile, semplici cittadini, erano presenti agli incontri: "Si sono presentati all'incontro sostenendo che per gli abitanti della regione si trattava di un giorno di festa. I villaggi saranno reinsediati e la diga creerà 70-80.000 posti di lavoro." Irritazione e stupore che hanno avuto come effetto immediato quello di rivitalizzare tutti coloro che non vogliono assistere passivamente alla distruzione di Hasankeyf. Il 3 gennaio si è così costituito il Coordinamento "Facciamo vivere Hasankeyf" che riunisce una trentina di realtà - autorità locali come i comuni di Diyarbakir, Batman, Hasankeyf, ambientalisti, sindacati, associazioni dei diritti umani.

Il coordinamento muove al progetto di Ilisu critiche dettagliate tra cui il non rispetto degli standard internazionali previsti per opere di questo genere e che stabiliscono l'obbligo di informare costantemente le popolazioni coinvolte, garantirne partecipazione e consenso. E il sindaco di Hasankeyf denuncia: "Sono sindaco, si fanno nuovi progetti ed io non ne so niente. E se non ne so niente io figuratevi i miei concittadini. Abbiamo solo la possibilità di avere informazioni dalla stampa". [GB]

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