Dopo Cancun, l'Omc ci riprova in Africa

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Wto in Africa

Pare sia stato l'arrivo del Rappresentante statunitense per il commercio Robert Zoellick a sbloccare nel pomeriggio di mercoledì 18 febbraio il vertice informale apertosi lo stesso giorno a Mombasa, in Kenya. L'incontro - che aveva come obiettivo dichiarato quello di rilanciare il round negoziale di Doha, temporaneamente naufragato a Cancun lo scorso settembre - ha riunito attorno a un tavolo, insieme allo stesso Zoellick e al Commissario europeo Pascal Lamy, diciotto ministri del commercio africani.

A Cancun era stata proprio la ferma presa di posizione dell'Africa, in particolare degli esportatori di cotone del Continente, a determinare il fallimento delle trattative: la debole e provvisoria alleanza fra Stati Uniti e Unione Europea non aveva infatti retto l'urto del fronte unito che un gruppo di 90 Paesi africani aveva formato insieme al cosiddetto G21, capeggiato da Brasile, Cina, India e Sud Africa. Al centro della rottura, il problema rappresentato dalle cospicue sovvenzioni con cui i governi europei e quello nordamericano foraggiano gli agricoltori dei rispettivi Paesi, sovvenzioni che secondo i produttori africani costituiscono una forma di concorrenza sleale, oltre ad impedire a milioni di cittadini del Continente di uscire finalmente dalla povertà.
Già il giorno precedente l'inizio del meeting, Jean-Robert Goulongana, segretario generale dei Paesi Acp (Africa, Caraibi, Pacifico), aveva dichiarato, a margine di un incontro preparatorio al vertice tenutosi ad Addis Abeba, che i sussidi e il protezionismo di Stati Uniti e Unione Europea stava avendo come effetto quello di "distorcere" i principi del libero commercio. "Questa è una grande opportunità che Usa e Ue hanno per andare oltre l'atteggia-mento intransigente che ha determinato il collasso del negoziato di Cancun", gli aveva poi fatto eco Sam Barratt, portavoce della ong Oxfam International. Avvertimenti che Zoellick e Lamy hanno ascoltato solo parzialmente. Perlomeno a giudicare da quanto dichiarato la sera del 19 febbraio da Mukhisa Kituyi - il ministro del commercio keniota che a Mombasa ha fatto gli onori di casa - il quale ha parlato ai giornalisti di un esito dell'incontro sostanzialmente positivo, aggiungendo però che, su alcune questioni di particolare importanza, i partecipanti al vertice avevano convenuto di mantenere il massimo riserbo. Secondo gli osservatori internazionali e gli esperti della società civile presenti a Mombasa, tali questioni coinciderebbero proprio con quelle più controverse, ovvero i sussidi alle esportazioni e alla produzione.

L'impressione generale è che Mombasa sia servita più che altro a rompere il ghiaccio formatosi a Cancun. G90, Usa e Ue sono tornati a sedersi attorno a un tavolo, ma per parlare di risultati concreti bisognerà aspettare ancora. Secondo le voci trapelate nel corso dei due giorni di trattative, il negoziatore nordamericano e quello europeo avrebbero mostrato una certa disponibilità a discutere di un'eventuale eliminazione dei sussidi alle esportazioni di prodotti agricoli, all'origine del cosiddetto dumping, l'invasione dei mercati africani da parte di merci estere vendute a prezzi ultracompetitivi. Sulle sovvenzioni alla produzione, al contrario, Lamy e Zoellick avrebbero adottato un atteggiamento di chiusura totale. Dall'altra parte, ai rappresentanti dei governi africani Usa e Ue sono tornate a chiedere l'accettazione della cosiddetta "agenda di Singapore", ovvero delle norme riguardanti commercio e concorrenza, investimenti, trasparenza negli appalti pubblici e agevolazioni commerciali che dovrebbero diventare patrimonio comune e condiviso dei Paesi membri dell'Omc. Il fronte delle nazioni africane avrebbe dichiarato piena disponibilità ad accettare alcune delle norme messe a punto a Singapore, mantenendo una posizione di netto rifiuto solo in merito alla questione della trasparenza negli appalti. Il timore è che l'apertura a quest'ultima clausola possa significare una perdita di sovranità da parte dei singoli governi in fatto di investimenti pubblici, spesso riguardanti settori strategici e di interesse generale. Una volta accettate le norme riguardanti il Government Procurement, infatti, qualsiasi commessa statale in Africa potrebbe diventare oggetto delle mire di imprenditori provenienti da ciascuno dei 148 Paesi aderenti all'Omc.
Un compromesso sarebbe stato infine trovato quando Lamy e Zoellick avrebbero fatto capire di essere pronti a barattare l'eliminazione dei sussidi con l'accettazione da parte del G90 di almeno tre dei temi di Singapore. Un accordo comunque ancora allo stato embrionale, oltre che fragile, visto e considerato che Unione Europea e Stati Uniti non hanno voluto per il momento mettere a punto una tabella di marcia in grado di conferire maggiore concretezza alle promesse fatte.

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