Argentina di nuovo in crisi: un messaggio per il mondo?

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Il tango è certamente riconosciuto come uno dei balli più scenografici e sensuali, ma se associato alla finanza sudamericana e mondiale il termine assume immediatamente connotati negativi e spaventosi e rimandandoci ad uno dei flop economici peggiori che il mondo moderno ricordi.

Correva infatti il 2001 quando lo Stato Argentino mise sul mercato una ingente partita di Bond quale estremo tentativo per uscire da una crisi accelerata dal debito contratto con le potenze economiche mondiali, Stati uniti in testa.

Fu l’inizio della fine, e la corsa verso il crack finanziario totale ammesso al mondo di lì a pochi mesi, che causò il fallimento dello Stato e la miseria per milioni di risparmiatori, anche italiani, i quali, attratti da promesse di interessi a due cifre stanno ancora attendendo giustizia.

Le conseguenze furono pesantissime, tanto che nel giro di soli due anni ben cinque presidenti si avvicendarono nel tentativo di trovare un rimedio, finché nel 2003 fu eletto presidente Néstor Kirchner.

Sotto il suo controllo l’Argentina parve in grado di ristrutturare il default e di risanare il debito con il FMI grazie alla nazionalizzazione di molte imprese redditizie e all’abbandono del cambio parificato Peso/dollaro. Questa scelta nell’immediato causò un enorme deprezzamento della moneta nazionale e una micidiale inflazione ma nel medio-lungo termine rese possibile un forte rilancio, poiché imponendo tassi di cambio più flessibili, la nazione riuscì ad attuare nuove politiche di industrializzazione, aumentando significativamente le esportazioni ed incamerando importanti introiti a livello fiscale e commerciale.

Un nuovo miracolo argentino, insomma, che pareva destinato ad espandersi con la salita al potere nel 2007 della moglie di Kirchner, Cristina, da subito salutata come una nuova Evita Peron e subito prontissima a cavalcare la tigre di una terza via per risolvere problemi economici e strutturali che altrove parevano insuperabili.

Ma come si è comportata al potere questa avvocatessa argentina con la passione per la bella vita ed i vestiti firmati? Male a quanto pare dalle notizie che da mesi stanno rimbalzando sulle testate di tutto il mondo, tanto male da fare ciò che un politico non dovrebbe fare mai: truccare conti e bilanci nel tentativo, ormai fallito, di mantenere una crescita che nei cinque anni dal 2002 al 2007 aveva toccato l’8% annuo. Il risultato, perché i conti prima o poi tornano, e quello di una nuova inflazione record con i prezzi dei beni di consumo cresciuti nel biennio 2010 -2012 di oltre il 54%.

L’inquilina della Casa Rosada cerca continuamente di ricordare i successi suoi e del marito, deceduto nel 2010, e afferma che le leggi del mondo globalizzato per il suo amato paese non valgono.

I dubbi sulla stabilità economica e sulla tenuta dei conti Argentini sono ormai certezze negative e il debito verso l’estero difficilmente potrà essere ripianato. E cosa fa la Kirchner? Proprio in questi giorni annuncia un nuovo giro di Tango Bond, ma stavolta difficilmente troverà qualcuno disposto a farle da cavaliere. Pare finire malissimo il sogno argentino di inizio terzo millennio e si avvia a concludersi con un monito anche per l’Europa: sicuri che soli e senza Euro andrebbe certamente meglio?

Il problema dunque rischia di superare l’oceano e di arrivare fino a noi. Emergono tuttavia altre questioni che si colgono in tutta la loro drammaticità nella situazione della Grecia. Per ora la cura da cavallo della “Troika” (Unione Europea, Fondo Monetario e Banca Mondiale) ha sprofondato il paese in una crisi economica ancora più grave e in una tensione sociale incendiaria. Per l’Argentina sembrava che la ricetta liberista avesse funzionato. Così non è stato sia per gli imbrogli della politica locale sia per un modello economico globale da rivedere assolutamente. I casi della Grecia e dell’Argentina ci dicono che questa globalizzazione non funziona. Le alternative però non si vedono. Forse ha ragione Bruce Springsteen a riprendere la canzone di Léon Gieco “Solo el Pido a Dios” dedicandola all’Argentina, questa volta non per scongiurare una guerra ma una nuova grande crisi economica.

Fabio Pizzi

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