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F35, la telenovela infinita
Finanza e armi
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Continuano i cambiamenti nell’Italia in procinto di guidare l’Unione Europea per i prossimi sei mesi. Le ambizioni del nostro giovane primo ministro non hanno confini: Renzi dice di essere ormai pronto per davvero a “cambiare verso” anche in Europa, come sta avvenendo in Italia. Almeno secondo i suoi auspici, lo ho ripetuto parecchio nei primi cinque mesi del suo governo, lo ha ribadito dopo il successo delle elezioni europee. Ora però sembra meno credibile e sempre più simile a quell’Enrico Letta cui continuava a ripetere di stare sereno, pur rimproverandogli di non fare abbastanza. Intanto, al di là degli annunci dei “mille giorni” non succede nulla, o quasi.
Ottanta euro al mese, promessi a tutti, dati ad alcuni, sono stati sufficienti per arrivare a superare soglia 40% alle europee, ma i risultati sperati sembrano già essersi ridimensionati parecchio, soprattutto in relazione alle questioni di sforamento del deficit e ripresa dell’economia.
Perché gira e rigira, sempre di miliardi di Euro si finisce con il parlare. Ed in Italia esiste una voce, quella per le spese militari - 23 miliardi l’anno - che alimenta uno scandalo che nemmeno Mose ed Expo, ultimi nati di un’italietta ridicola e arraffona, sono riusciti ad offuscare.
Senza preamboli: come la mettiamo con la questione F-35? Da mesi si rincorrono voci differenti e sembra che da un momento all’altro finalmente venga presa una decisione ma – state sereni – ancora non esiste soluzione. È freschissima la notizia della Ministra della difesa Italiana Pinotti, volata in America ad incontrare Chuck Hagel, il capo del Pentagono, in seguito ai numerosi incidenti accorsi durante le esercitazioni ai temibili arsenali volanti, definiti strategici dalla NATO e degli USA per la difesa delle democrazie mondiali.
Insomma, prosopopea militaresca a parte, pare che i famigerati F-35 siano pure delle bagnarole insicure, le quali, se realizzate e acquistate a caro prezzo dal nostro Governo, andrebbero a fare degna compagnia ad arsenali già dispendiosi e obsoleti, esponendo la popolazione civile a rischi inutili, tipo quello appena corso nel Golfo di Taranto durante un’esercitazione.
E intanto, come se niente fosse, continuano a rimbalzare nel mondo notizie discordanti e se la Ministro della difesa conferma che “solo sei aerei, per i quali sono già stati firmati gli accordi”, verranno realizzati, dalle pagine dell’Espresso arriva il dettagliato resoconto di un bozza di accordo Lockeed – Finmeccanica, tesa a rilanciare gli investimenti in ambito avio-militare sul nostro territorio e a produrre introiti per la nostra industria valutati in tre miliardi.
Anche gli Stati Uniti sembrano scegliere con noi la leva economico-occupazionale, con il Segretario aggiunto per gli affari alla sicurezza internazionale Usa Derek Chollet che unendosi al coro di Hagel e Obama ci ricorda che produrre meno aerei significherebbe perdere posti di lavoro, riferendosi in particolare al sito di Cameri, in provincia di Novara, dove è previsto l’assemblaggio dei supercaccia.
Intanto le potenze mondiali continuano a giocare alla guerra a causa delle vicende ucraine, rispolverando scacchiere e dinamiche che speravamo in soffitta per sempre, mentre nel quasi totale silenzio mediatico Verona si è riempita di migliaia di cittadini accorsi a gridare il loro no alla guerra e alle armi di distruzione di massa.
Continua una storia che pare infinita, nei giorni in cui la Storia con la esse maiuscola taglia il traguardo dei 100 anni dall’ inizio della Prima Guerra Mondiale e ci ricorda che la tragedia alle volte è scatenata da un gesto: un colpo di pistola di uno studente, una bomba da esercitazione sfuggita, l’ostinarsi a produrre e mantenere arsenali devastanti mentre il mondo grida per bisogni ben più urgenti e reali. Cento anni, ma sembra ieri.