Armi leggere: no degli Usa, fallisce il Summit Onu

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La forte opposizione della lobby armiera degli Stati Uniti - il maggior produttore ed esporatore mondiale di "small arms" - ha portato al fallimento la Conferenza mondiale dell'Onu sulle armi leggere e di piccolo calibro. Sebbene la maggior parte dei governi - compresa l'Unione Europea e molti paesi africani e latinoamericani - avessero sostenuto la necessità controlli di più rigidi sul commercio internazionale di queste armi, la Conferenza si è conclusa il 7 luglio senza un accordo sul documento finale. Gli Stati Uniti hanno bloccato qualsiasi possibilità di tenere in futuro altre conferenze mondiali sul traffico delle armi. Un chiaro ostruzionismo all'ipotesi di un accordo è venuto fin dal primo momento proprio dagli Usa sostenuti dalla potente lobby americana di produttori di armi vicina all'amministrazione Bush: per voce del sottosegretario di Stato sul controllo delle armi leggere, Robert Joseph hanno indicato una serie di condizioni che non avrebbero mai accettato in un'eventuale intesa - riporta l'agenzia Misna.

"Il mondo è stato tenuto in ostaggio da una piccola minoranza di Paesi" - dichiarano i portavoce della campagna Control Arms facendo riferimento alla forte opposizione Usa ma anche di altri Paesi tra cui Russia, Cuba, India, Iran, Israele e Pakistan. La campagna Control Arms porterà ora la propria richiesta di controlli più rigorosi sul commercio di queste armi all'Assemblea Generale dell'Onu di ottobre. In quell'assise, le decisioni sono spesso sottoposte a votazione a maggioranza e ciò significa che una piccola minoranza di paesi non può bloccarle. Alcuni governi hanno già dichiarato che intendono presentare una risoluzione al primo Comitato dell'Assemblea generale, in cui si chiede l'apertura di negoziati su un Trattato sul commercio di armi, legalmente vincolante.

"Il mondo ha disperatamente bisogno di un Trattato, forte e applicato in modo efficace, per fermare l'attuale flusso di armi verso chi si rende responsabile di gravi abusi dei diritti umani" - ha sottolineato Brian Wood, responsabile della ricerca sul commercio di armi per Amnesty International. La campagna Control Arms chiede ai governi di istituire tale Trattato e di concordare una serie di linee guida globali sulla vendita delle armi di piccolo calibro, in modo da fermare i flussi che alimentano le violazioni dei diritti umani e la povertà nel mondo. "Facendo fallire questo incontro, i governi hanno gettato alle ortiche l'opportunità di agire per salvare vite umane in tutto il mondo. È inaccettabile che due settimane di discussioni non abbiano prodotto alcun risultato, soprattutto sapendo che le armi causano 1000 morti al giorno" - ha commentato Rebecca Peters, direttrice di Iansa.

Dopo un'apertura molto positiva - nel corso della quale le Ong del coordinamento Controlarms hanno consegnato a Kofi Annan la petizione con un milione di facce per l'adozione del Trattato sulle armi, e un gruppo di paesi tra cui Messico, Canada e Unione Europea avevano espresso il proprio appoggio ai principli globali di protezione da inserire nel protocollo finale, i maggiori Paesi produttori di armi leggere nel mondo - tra cui Stati Uniti, Russia, Cina e India - hanno fatto pressione sul presidente della Conferenza per ammorbidire il testo. La National Rifle Association - la potente lobby americana di difesa dei diritti dei portatori d'armi da fuoco che vanta oltre 4 milioni di soci negli Usa - ha raccolto 100mila firme per chiedere - nientemeno - la sospensione della Conferenza. La società civile e le Ong presenti alla Conferenza avevano preparato una serie di proposte di cambiamento nel documento preparatorio che avevano trovato consenso in molte delegazioni. Si era arrivati anche ad un comprosso di un "minimo di punti imprescindibili" per le Ong da inserire nel documento finale, che - come detto - non è servito.

Secondo stime diffuse, le armi di piccolo calibro oggi in circolazione provocano fino a 500 mila morti all'anno, vittime di guerre civili, di episodi di criminalità o anche di incidenti. Per il presidente della Conferenza, l'ambasciatore all'Onu dello Sri Lanka (dove negli ultimi mesi si è riacceso il conflitto tra governo e guerriglia della minoranza Tamil), "un accordo era possibile", ma ha aggiunto di ritenere già un successo il fatto che si sia parlato di questo argomento.

di Giorgio Beretta

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