Tsunami: il Club di Parigi accetta solo la moratoria debito

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Il Club di Parigi degli stati creditori ha raggiunto oggi un accordo solo per una moratoria del debito dei Paesi colpiti dallo tsunami asiatico. "La sospensione ha effetto immediato" - ha dichiarato il presidente Jean-Pierre Jouyet in conferenza stampa, aggiungendo che la misura si applicherà a quei paesi che vorranno accettarla. I debiti esteri di questi Paesi ammontano in totale a circa 272 miliardi di dollari, con l'Indonesia che da sola deve al Club circa 48 miliardi di dollari

Ma, in un dettagliato articolo, Antonio Tricarico della "Campagna per la riforma della Banca mondiale" ricorda che alla fine del 2003 gli undici paesi colpiti dallo tsunami avevano un debito di 406 miliardi di dollari e che nel solo 2003 hanno ripagato ai governi del Nord ben 38 miliardi.

"La partita del debito dei paesi colpiti dallo tsunami arriva finalmente in Europa, dove la società civile è stata prontamente allertata dalle reti del Sud, a partire da INFID dell'Indonesia. E sembra che le pressioni della società civile internazionale stiano già portando i primi risultati, quanto meno nel rendere meno remissiva l'indebitatissima Indonesia, che all'inizio dell'emergenza sembrava soddisfatta di strappare una non ben definita moratoria sul debito al Club di Parigi, con il rischio che gli interessi non pagati siano addebitati alla fine del periodo di sospensione" -scrive Tricarico

"Importante ricordare che il Club di Parigi tratterà solamente dei 32 miliardi di debiti che l'Indonesia deve ai paesi ricchi, ma non dei 28 miliardi di debito multilaterale dovuto a Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, per non parlare degli ulteriori 70 miliardi di debiti privati. Un grave limite, dal momento che il Fondo monetario, senza dover mettere in discussione i propri crediti, oggi potrebbe proporre termini migliori di una moratoria all'Indonesia imponendo però un nuovo piano di aggiustamento strutturale, dopo quello che fu imposto a seguito delle crisi finanziarie del '97-'98, producendo un maremoto sociale senza precedenti nel paese appena uscito dalla dittatura di Suharto. Di fatto quello che è già successo soltanto un mese fa con l'Iraq, quando il Club ha accettato l'idea di una cancellazione dell'80 per cento sotto la pressione della Casa Bianca, condizionandola però all'applicazione delle rigide prescrizioni neoliberiste del Fondo monetario.

Anche l'Italia è presente al Club di Parigi, nonostante lunedì scorso la Farnesina ancora farfugliasse su una possibile riconversione del debito generato dai crediti di aiuto italiani per i paesi colpiti dalla tsunami per un totale di circa 38 milioni di euro in fondi di contropartita per la ricostruzione, magari con la condizione alquanto discutibile che le imprese italiane partecipino agli appalti.
La società civile internazionale oggi rigetta la legittimità del Club di Parigi a trattare una questione così cruciale, dal momento che il Club di fatto impone da più di vent'anni le sue decisioni al singolo paese debitore e non permette lo svolgersi di un vero negoziato equo e trasparente con un arbitro indipendente, un requisito che per altro il diritto fallimentare di tutti i paesi industrializzati prevede per i creditori privati ed anche per gli enti locali pubblici, nel caso americano. I movimenti sociali indonesiani chiedono, invece, una conferenza speciale, gestita in maniera indipendente, per discutere la legittimità di tutto il debito del proprio paese su iniziativa del governo di Jakarta.

Si pensi che alla fine del 2003 gli undici paesi colpiti dallo tsunami avevano un debito di 406 miliardi di dollari ed hanno ripagato ai governi del Nord ben 38 miliardi nel solo 2003, considerando che dal 1980 il loro debito è aumentato di cinque volte complessivamente e da allora i ripagamenti hanno totalizzato ben undici volte il valore originario nel 1980. Fino ad oggi ci sono stati più di 4 miliardi di dollari di impegni in aiuti per l'emergenza tsunami da parte delle istituzioni internazionali e dei governi occidentali. Di fronte all'onda inarrestabile del debito, si tratta senza dubbio di molto poco. Soltanto una cancellazione incondizionata del debito dei paesi colpiti dal maremoto, affidando alle organizzazioni sociali il controllo dei fondi liberati in questo modo, sarebbe una risposta adeguata alla scala del disastro che stiamo vivendo. Altrimenti tutti gli aiuti prima o poi non faranno altro che ritornare nelle casse dei governi occidentali sotto forma di ripagamento del debito - conclude Tricarico. [GB]

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