Singapore: riammessi gli attivisti al forum Fmi-Bm, divide la 'questione quote'

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L'azione di protesta da parte delle Ong internazionali dei seminari programmati con Banca mondiale (BM) e Fondo monetario internazionale (FMI) agli incontri annuali delle due istituzioni, ha portato l'Unione europea e lo stesso presidente della Banca mondiale, Paul Wolfowitz, a stigmatizzare la condotta del governo di Singapore che, nei giorni scorsi è tornato sulle proprie decisioni autorizzando l'ingresso di 22 dei 27 attivisti che, nonostante fossero accreditati per partecipare al meeting di BM-FMI erano stati banditi dalla città asiatica.

Nella lista nera delle autorità erano finiti anche due attivisti italiani, Antonio Tricarico ed Elena Gerebizza della Campagna per la riforma della Banca mondiale/Manitese e Luca Manes corrispondente di Liberazione e collaboratore di Unimondo oltre che membro dello staff della Crbm. "Troppo tardi, verrebbe da dire" - commentano gli esponenti della Crbm. "Wolfowitz avrebbe forse dovuto ammettere che sono state prima di tutto le due istituzioni finanziarie internazionali a fare una figuraccia, sia perché hanno scelto un Paese come Singapore, molto poco sensibile alla tutela dei diritti umani, come sede di un vertice così importante, sia perché non hanno tempestivamente sfruttato i mezzi legali in loro possesso per far rispettare i legittimi interessi della società civile globale".

Va comunque segnalato che, dopo la timida protesta iniziale, il presidente della Banca mondiale Paul Wolfowitz appena sbarcato a Singapore ha fortemente stigmatizzato la condotta del governo singaporeano. E hanno pesato sulle autorità singaporeane le pressioni dei governi europei - con tanto di presa di posizione della presidenza finnica dell'Ue e intervento diplomatico del ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa per l'Italia. "Siamo soddisfatti dell'impegno del governo italiano e della nostra ambasciata" - ha commentato Antonio Tricarico della Crbm. "Il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, ha inviato una lettera formale alle organizzazioni per sottolineare come anche le associazioni critiche nei confronti della politica di Fmi e Banca Mondiale abbiano il diritto di partecipare ai lavori, anche perché c'erano molte iniziative co-gestite, che a causa dell'atteggiamento del governo di Singapore non si sono più potute tenere". Il meeting è trasformato in un disastro delle pubbliche relazioni per Singapore che aveva investito 85 milioni di dollari nell'evento sperando di trasformarlo in una vetrina per investitori e turisti.

Nell'isola di Batam, a sola mezz'ora di traghetto dalla blindatissima Singapore, ma su suolo indonesiano, il forum internazionale dei popoli contro la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale si è rivelato un successo senza precedenti e con importanti implicazioni politiche. Prima di tutto perché i movimenti indonesiani sono riusciti a convincere il proprio governo ad andare contro la polizia locale che ancora pochi giorni fa aveva negato il permesso per il Forum ed è tuttora legata a gruppi dell'estrema destra e sotto pressione da parte del governo di Singapore.

Tra le principali questioni in agenda negli incontri istituzionali di FMI e BM, invece, vi è stata la revisione delle quote di potere dei Paesi membri del FMI: il sistema della distribuzione dei voti non permette ai Paesi in via di sviluppo di avere voce in in seno all'istituzione. I paesi rappresentati dal Fondo monetario internazionale hanno a larghissima maggioranza appoggiato il progetto di riforma dei diritti di voto, il cosiddetto sistema delle quote, volto ad aumentare il peso di Cina, Corea del sud, Messico e Turchia. Ma la riforma di Rodrigo de Rato - sottolinea Tricarico - "è soltanto geopolitica e non democrazia, perché ha dato qualche ruolo in più a quattro paesi, in particolare alla Cina in cambio magari di un maggiore impegno per la flessibilità dello Yuan. Le Ong continuano a lamentare l'assenza negli organismi decisionali di America Latina e Africa ed esprimono molti "dubbi" sulla strategia di Wolfowitz contro la corruzione nei Pvs. Denunciano anche "un passo indietro nell'ambiente dopo la chiusura della vicepresidenza per lo sviluppo sostenibile, subordinata ora a quella delle infrastrutture".

La decisione di rivedere il sistema delle quote deriva dalle forti richieste delle economie emergenti, quali Brasile e India, nonché dei Paesi più poveri, primi fra tutti quelli africani, decisamente sottorappresentati. Entrambi i gruppi chiedono una redistribuzione dei seggi, un provvedimento che colpirebbe in prima battuta l'Unione Europea. In base alla distribuzione attuale, infatti, l'Ue detiene il 23% dei voti, mentre gli Stati Uniti si attestano al 17%. L'intero gruppo dei 47 Paesi dell'Africa si ferma a un misero 5%. Tra le economie emergenti più sottorappresentate figurano la Cina (il cui numero di seggi è inferiore a quello di Paesi Bassi e Belgio), la Corea del Sud e l'India. Ma le proposte discusse a Singapore non vanno in direzione di una struttura più democratica dell'istituzione: l'aumento dei seggi e del potere di voto per Cina, Corea del Sud, Turchia e Messico va infatti a discapito dei Paesi africani, per i quali non sono previsti seggi aggiuntivi ma addirittura una riduzione del potere di voto a uno scandaloso 2.1%. [GB]

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