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Il G7 non decide sul debito
Debito estero
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La riunione del G7 finanziario tenutosi a Londra negli scorsi giorni doveva predisporre il lavoro in vista del G8 di luglio. Il cancelliere del Governo Gordon Brown ha ripresentato l'iniziativa di cancellazione del 100% del debito multilaterale senza però registrare l'adesione dei membri del G8. Infatti, neppure l'irruzione sulla scena da parte di una personalità d'eccezione come Nelson Mandela e i rappresentanti di India e Brasile è servita a smuovere la "buona coscienza" dei rappresentanti dei 7 paesi più ricchi del mondo. Di fatto pur avendo tutti dichiarato che è necessario procedere ad un'iniziativa più incisiva per la lotta alla povertà e annunciano, come nel caso del presidente di turno, la cancellazione del debito si scontrano sul come finanziare questa operazione. Così la conclusione di questo incontro si è tradotta in un nulla di fatto. Mandela ha salutato con favore la proposta inglese ma ha sottolineato che oltre alla cancellazione del debito che è doverosa e giusta serve un impegno serio per trovare nuove risorse per la lotta alla povertà e quindi sostenere la possibilità dello sviluppo dell'Africa e dei paesi poveri tutti.
Ancora una volta nessuna decisione importante in materia di lotta alla povertà e fortissima opposizione del rappresentante degli Stati Uniti, il sottosegretario al tesoro John Taylor dal quale è venuto un sonoro no alla proposta inglese di cartolarizzazione degli investimenti a favore dei paesi più poveri. Questa misura - che avrebbe dovuto favorire un meccanismo automatico di finanziamento ai progetti di sviluppo - è considerato inaccettabile per le regole di bilancio degli Stati uniti. In modo assolutamente ambiguo e sospetto la Casa Bianca ha controproposto la sospensione sine die del 100% del debito dei paesi poveri contratto con la Banca mondiale. I maggiori paesi industrializzati hanno invece ribadito la decisione presa a Jakarta di congelare per cinque anni il debito delle nazioni del sud-est asiatico colpite dallo tsunami. Va sottolineato che rimane ciò avverrebbe solo a condizione che questi paesi siano disponibili ad accettare l'accordo che non abolisce il pagamento delle rate dei debiti bensì la sola moratoria temporanea.
Ma nemmeno la proposta francese di introdurre una tassazione sulle transazioni finanziarie (una specie di Tobin tax) per trovare risorse nella lotta contro l'Aids è stata considerata al punto da non trovare menzione nel comunicato finale della riunione del G7.
Resta invece tra le indicazioni emerse a Londra la tendenza a lavorare su iniziative di cancellazione del debito verso singoli paesi da adottare caso per caso, in accordo con l'Fmi e la Banca mondiale, sulla base di studi di sostenibilità e condizionalità che ricordano troppo i già tristemente noti piani di aggiustamento strutturale imposti da queste istituzioni finanziarie e che già hanno provocato il disastro e l'impoverimento dei paesi in cosiddetta via di sviluppo.
Ma alla base resta un punto fondamentale che le campagne per la cancellazione del debito hanno rilanciato con forza nei Forum Sociali Mondiali di Mumbay e quest'anno nuovamente a Porto Alegre.
Il punto è: nessuna misura tra quelle individuate fin'ora risponde al bisogno di giustizia che viene dai popoli impoveriti. Quello che i movimenti chiedono non sono misure parziali pur di "buona volontà", ma chiedono una soluzione politica alla questione del debito. Chiedono sedi autorevoli e credibili dove queste decisioni politiche devono essere prese. Il G8 rappresenta il gruppo dei paesi più ricchi e non è l'ONU. Non può e non deve essere la sede del governo mondiale. Le cause del debito risiedono nei meccanismi che attualmente governano le relazioni economiche e finanziarie del nostro pianeta e finchè queste saranno la base, il criterio su cui si basa ogni cosa, le cose resteranno come sono. Ci saranno buone iniziative, compresa le legge italiana n°209 per la cancellazione del debito nel suo spirito originario, ma non verrà intaccato il sistema che produce ogni giorno nuovo debito a garantire le entrate per il mondo ricco e sviluppato che sarà sempre più ricco e a discapito di chi è povero e non potrà liberarsi dalla povertà.
Il 2005 è l'anno per un primo bilancio degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, che i rappresentanti di tutti gli Stati dovranno affrontare a settembre nell'Assemblea delle Nazioni Unite. Per il momento tutto ha un sapore di beffa. Si parla di lotta alla povertà ma concretamente non si è fatto nulla per trovare le risorse necessari per sostenere questa lotta. Eppure gli Obiettivi di Sviluppo erano già considerati obiettivi del tutto minimi proprio perché dovevano permettere a tutti, anche ai più egoisti, di fare bella figura e poter dire di avere fatto la propria parte. Sappiamo che le risorse hanno trovato una strada molto concreta e solida, quella delle spese militari. Il mondo dopo l'illusione della fine della guerra fredda e con l'attentato alle torri gemelle ha ritrovato il modo per nutrire l'industria bellica di morte che garantisce di lasciare il potere di controllo nelle mani dei più ricchi sui più poveri e procrastinare così lo stato ingiusto delle cose.
E' per denunciare e cambiare questa profonda ingiustizia e ipocrisia che i movimenti e soprattutto quelli più vivi e creativi del sud del mondo, hanno rilanciato la parola d'ordine della cancellazione del debito tra le fondamentali della propria mobilitazione a livello mondiale. Questo è il messaggio di Porto Alegre che in Italia dovremmo riprendere e con nuova forza e nuovi contenuti, sulla base del contributo di tutti.
Per questo l'Assemblea di Sdebitarsi che si è tenuta l'8 febbraio, ha lanciato la raccolta di adesioni all'appello alla mobilitazione sul debito rivolto alla opinione pubblica e prima di tutto alla società civile e ha fissato un importante appuntamento da tenersi entro l'inizio di aprile, per dare vita ad una nuova e forte mobilitazione sul debito che raccolga il contributo di tutti e gli spunti che vengono dalle campagne del sud e da Porto Alegre.
Raffaella Chiodo - Sdebitarsi