Brasile: Lula non passa, ballottaggio per le Presidenziali

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Con solo il 48,7% dei voti, il presidente brasiliano uscente, Luiz Inacio Lula da Silva, non è riuscito ad ottenere la riconferma al primo turno per un secondo mandato: andrà ballottaggio il 29 ottobre con il socialdemocratico Geraldo Alckmin che ha ottenuto il 41,6% dei voti. Nel dettaglio del voto, Lula è stato sconfitto nello Stato di San Paolo, il più popoloso con 28 milioni di elettori. Negli Stati del Sud, con in testa San Paolo e il Rio Grande do Sul, Alckmin ha infatti dettato legge. A San Paolo si è affermato per quasi il 56% contro il 35 di Lula. Lula si è invece imposto nel nord est del paese e negli importanti stati di Rio de Janeiro e di Minas Gerais. Ma non è stato sufficiente: l'ultimo scandalo del dossier che il partito dei lavoratori (Pt) di Lula avrebbe comprato, contenente documenti a danno dell'opposizione, e il fatto di non essere intervenuto all'ultima sfida televisiva fra i presidenziali sulla rete Globo, possono essere due fattori che hanno concorso all'ultimo momento al fiasco di Lula - sottolineano diverse fonti.

L'agenzia Misna evidenzia però che "anche per Alckmin non tutto appare limpido: la magistratura elettorale brasiliana ha infatti accolto una petizione di un gruppo che fa capo a Lula affinché lo sfidante venga dichiarato "inelegibile" a causa dell'uso scorretto dei mezzi d'informazione e di fondi non dichiarati. Un fatto non proprio irrilevante in una campagna elettorale che prevedeva per la prima volta il divieto degli "showmicios", comizi con la presenza di attori, cantanti, artisti e di personaggi noti accanto ai politici".

Forte dei successi ottenuti in politica estera e con i programmi "Bolsa Famiglia" - che ha aumentato il reddito di milioni di brasiliani poveri - e del programma "Fame Zero", la presidenza Lula è stata spesso avversata sia da destra che da sinistra che hanno continuato ad attaccarla per casi di corruzione veri o presunti. Va inoltre ricordato lo sforzo di Lula nella riduzione del pesante debito estero del Brasile: quando Lula prese le redini del paese il debito estero ammontava a 236 miliardi di dollari, oggi è ridotto a 185 miliardi

Nei giorni scorsi, il dirigente nazionale del Movimento Sem Terra (MST), Jo㣀o Pedro Stédile aveva preso le distanze dallo scandalo che coinvolge membri del partito di Lula (il PT) per il tentativo di acquistare un "dossier" compromettente per il candidato dell'opposizione "Noi non vogliamo entrare nel porcile. Vogliamo restare in giardino, piantando nuove idee" - ha affermato Stedile davanti ai giornalisti della stampa internazionale. Il leader del MST non ha molte speranze nel secondo mandato di Lula. Oltre a sostenere che il cambiamento sociale "non avverrà per opera del governo", ritiene che, viste le alleanze fatte da Lula, il secondo mandato sarà ancora di transizione. Stedile ha affermato chi il MST non ha mai fatto scelte a favore di un partito, ma che il 90% della base sociale del movimento vota per Lula. "In realtà nelle prossime elezioni non ci sono molte alternative. Questa campagna elettorale non ha prodotto un dibattito su un progetto per il Brasile" - ha affermato criticamente. "Votare per Alckmin sarebbe accettare il neoliberismo.

Quello per Heloisa Helena è un voto di protesta. Lula è il meno peggio". Secondo Stedile, durante il governo Lula, la riforma agraria ha lasciato a desiderare e il modello dell'agrobusiness è uscito vincitore dal confronto con l'agricoltura familiare.

Il Brasile è sempre più un Paese esportatore di prodotti manifatturieri oltre che di commodities. Anche per questo settore la gestione Lula è stata più che positiva: le esportazioni sono raddoppiate negli ultimi tre anni, nonostante l'apprezzamento del real rispetto al dollaro abbia penalizzato i prodotti brasiliani su molti mercati stranieri - sottolinea un'analisi de Il sole 24 ore.Un po' meno positivo il panorama per l'industria, con il mercato interno depresso e la difficoltà a reperire denaro per gli investimenti, sempre a causa dei tassi d'interesse altissimi. E infatti una delle promesse non mantenute dal presidente è stata la creazione di dieci milioni di posti di lavoro: all'agosto scorso i nuovi impieghi effettivamente sono stati poco meno della metà, 4 milioni e 800 mila. [GB]

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