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Banca Mondiale: Wolfowitz ritratta sull'espansione cinese in Africa
Banca mondiale e Fondo monetario (Fmi)
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Il presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz fa marcia indietro e dopo aver denunciato il fenomeno dell'espansione politica ed economica della Repubblica Popolare Cinese in Africa afferma che "non intendeva attaccare la Cina per la sua politica verso i Paesi africani" - riporta ndtvprofit.com. In un'intervista rilasciata al quotidiano francese Les Echos - ripresa dal Financial Times e da diversi quotidiani italiani - Wolfowitz avrebbe accusato la Cina di ignorare sistematicamente gli "Equador Principles", le linee di condotta a cui dovrebbero attenersi gli istituti che operano nel campo dei finanziamenti di progetti internazionali, pur di vincere gli appalti, assicurarsi l'accesso alle materie prime e l'esportazione della propria merce. "Al di là dell'infrazione delle regole della libera concorrenza - riportava l'Opinione, meriterebbe invece sottolineare che Pechino sta tessendo una serie di patti di solidarietà e mutuo soccorso fra regimi. Fra oligarchie, come quella cinese e di paesi quali Sudan e la Nigeria, che sono ai margini della comunità internazionale e non sono interessate allo sviluppo della democrazia e dei diritti civili ma soltanto al perpetuarsi dei propri privilegi. E ad arricchirsi in modo facile e spregiudicato".
Resta comunque il fatto che quest'anno diverse missioni hanno portato prima il ministro degli Esteri Li Zhaoxing, poi il presidente Hu Jintao e infine il Primo ministro Wen Jiabao in quindici paesi africani: Marocco, Nigeria, Kenya, Capoverde, Senegal, Liberia, Mali, Libia, Congo, Angola, Ghana, Sudafrica, Tanzania, Uganda). E secondo i dati diffusi oggi dal viceministro del commercio cinese Wei Jianguao Wei, alla fine del 2006 gli scambi commerciali tra Cina e Africa toccheranno la cifra complessiva di 50 miliardi di dollari, più sei miliardi di dollari in investimenti diretti. Il primo ministro cinese Wen Jiabao in occasione del suo viaggio del giugno scorso in sei nazioni africane ha offerto all'Angola una linea di credito di due miliardi di dollari, ricorda l'agenzia Misna; quest'anno Luanda è diventata il primo fornitore di greggio della Cina, superando anche l'Arabia Saudita.
"I Paesi africani apprezzano Pechino per la serietà e la rapidità con cui esegue gli accordi commerciali e perché hanno bisogno di tutto. La Cina fornisce finanziamenti per realizzare infrastrutture: ferrovie, strade, edifici, linee elettriche e telefoniche, ma anche prospezioni minerarie e raffinerie petrolifere, mentre altri Stati si limitano a comprare le materie prime. In cambio chiede spesso che le opere siano eseguite da ditte cinesi" - commenta l'agenzia Asianews. "Nel continente nero, Pechino cerca per prima cosa petrolio ed altre materie primi (metalli, minerali e legna), ma ha anche fatto investimenti, finanziato strade e altre opere pubbliche e raffinerie, in genere pretendendo che le opere fossero appaltate a ditte cinesi. Le ditte cinesi, poi, spesso portano anche materie prime (come il cemento) e mano d'opera, servendosi dei lavoratori locali soprattutto per la manovalanza non qualificata. Molti lavoratori africani vedono ormai con paura l'arrivo dei cinesi, temendo che possano minacciare il loro già misero tenore di vita" - nota Asianews. Ma la concorrenza degli prodotti cinesi ha impoverito le economie di molti Stati africani, le cui merci (per esempio nel tessile) già penalizzate sui mercati occidentali, non riescono a competere nemmeno sui mercati nazionali a causa dell'invasione della Cina.
Sono intanto in arrivo a Pechino i leader degli stati africani che parteciperanno al Terzo forum per la cooperazione Cina - Africa, previsto per il 4 ed il 5 novembre prossimo. Il Ministero degli Esteri cinese ha confermato inoltre ieri la presenza alla conferenza sino-africana del dittatore dello Zimbabwe, Robert Gabriel Mugabe, e del presidente del Sudan, Omar Hassan el Beshir, tra gli oltre 40 capi di stato e di governo invitati. Robert Mugabe, dittatore dello Zimbabwe, è isolato dai governi occidentali che chiedono maggior rispetto per i diritti umani e la creazione di uno Stato di diritto. Per questo la sua politica "guarda a Oriente" e Pechino negli anni scorsi gli ha venduto merci e armi in cambio di avorio - denunciava Asianews. [GB]