The mission: quando il reality offende la realtà

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Non è ancora finita la (tardiva) calura estiva che i colpi di sole hanno già mietuto vittime tra i responsabili dei palinsesti Rai.

Per novembre è infatti previsto l’innovativo e struggente “The mission”! Ma di cosa si tratta?

Dell’ennesimo reality, soltanto che stavolta lo spirito cafonal che da sempre caratterizza questo tipo di iniziative è stato dilatato all’inverosimile andando a toccare una realtà, quella delle terribili condizioni di vita nelle quali sono costretti a vivere gli ospiti di un campo rifugiati africano, meritevole di ben altre attenzioni.

La delicatezza della cosa non ha toccato gli ideatori del programma fino a quando Claudia Mocci, una volontaria ventiseienne impegnata in un campo del Ciad non ha espresso la sua perplessità ed il suo disgusto per questo iniziativa, scrivendo una lettera a volontariperlosviluppo.it. Le sue parole sono crude ed estremamente sincere “Non riesco a descrivere l'enorme spaccatura interiore e quel forte senso di vergogna che ho provato leggendo questo articolo, mentre leggevo ho ripensato a tutte le persone incontrate nei vari campi rifugiati di Goré, ho pensato alla richiesta di tutti di non fare foto poiché i rifugiati molto spesso rivivono il trauma di quando venivano filmati, fotografati, schedati dalla polizia una volta arrivati nella nuova terra. Dignità e rispetto. Vi prego, se fosse possibile, di dare risalto a questa notizia, nella speranza che qualcuno con una voce un po’ più grossa della mia dia uno scossone in merito. Siamo arrivati ad un punto in cui tutto (ma proprio tutto) fa spettacolo, ed è amaro constatare come per molti la realtà sia diventata ciò che vediamo in tv”.

Ovviamente non è così la realtà percepita dei papabili “ rifugiati vip”, i quali, assieme alla Rai, si affrettano a sottolineare la valenza umanitaria del programma. In pole position figurano Al Bano Carrisi, Emanuele Filiberto e, udite, udite!, nientepopodimenoche Paola Barale ed Elisabetta Canalis. Albano in particolare ha rilasciato questa dichiarazione: “A novembre parteciperò al reality umanitario di RaiUno Mission. Per 10 giorni vivrò tra i rifugiati del Sudan e sarò in mezzo a loro, canterò assieme a loro (ma questo si rende conto di quello che dice?) e mi darò da fare per aiutarli. C’è qualche rischio ma ci tengo sul serio ad andare lì perché sarà sicuramente una esperienza straordinaria. Mi arricchirà umanamente”. La Rai dunque, mentre chiude i suoi uffici in varie parti del mondo, punta su un nuovo modo di fare informazione.

Insomma finalmente negli occhi dei rifugiati potrà accendersi una fiammella di speranza, corroborata dall’immaginifico supporto che persone di tal schiatta potranno portare loro. Hai perso la casa, la famiglia, la tua terra, ma vuoi mettere un do di petto di Al Bano? Amarissima ironia a parte, è chiaro che siamo arrivati a dover rispondere ad una domanda che per troppo tempo abbiamo evitato di farci: tutto ciò che è quantificabile televisivamente, “tira” e fa audience gode di una immunità speciale in riferimento a valori quali il rispetto, la dignità, l’etica? Alcune persone interpellate in merito hanno dato risposte diverse che vanno da ‘’che vergogna, non pagherò più il canone” a “questa è pornografia morale”. Certo se poi gli ascolti saranno alti e la trasmissione avrà successo gli affari avranno vinto e zittito tutti ancora una volta. O forse no. E’ di queste ora la notizia di ben due petizioni per bloccare il programma, quasi a sottolineare un sussulto di rinvenuta umanità e senso del limite. Business is Business, but real life is real life. Alla faccia di tutti gli Al Bano e i reality del pianeta.

Fabio Pizzi

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