Iraniani per la globalizzazione e commercio con l’Europa. Ma temono Trump

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Il popolo iraniano è favorevole in genere al processo di globalizzazione e lo sostiene, chiede riforme economiche interne al Paese e desidera migliorare i rapporti economici e commerciali con l’Europa. È quanto emerge da una inchiesta elaborata ad agosto, i cui risultati sono stati diffusi nei giorni scorsi. Pur auspicando un rafforzamento dei legami con l’Ue, gli intervistati temono però che le “pressioni” esercitate dagli Stati Uniti - prova ne è il discorso di Trump all’Onu - finiranno per allontanare Bruxelles e Teheran. 

Dalle risposte emerge un crescente ottimismo nell’opinione pubblica iraniana circa il futuro economico e sociale del Paese, grazie anche all’allentamento delle sanzioni in seguito all’accordo sul nucleare. La dimostrazione arriva dal consenso diffuso intorno alla parola “globalizzazione”, vista come “commercio crescente fra nazioni in beni, servizi e investimenti”, giudicata in termini positivi dal 62,5% degli intervistati.  Del resto il tema economico ha ricoperto un ruolo di primo piano in campagna elettorale, diventando oggetto di un aspro dibattito fra i candidati con scambi di accuse incrociate. E i dati diffusi nelle scorse settimane mostrano che la campagna di riforme avviata dal presidente moderato Hassan Rouhani, trionfatore alle elezioni del 19 maggio scorso che gli hanno assicurato un secondo mandato, sembrano garantire effetti positivi.

Gli iraniani mostrano entusiasmo per gli investimenti e i commerci avviati dalle compagnie straniere nel e con il Paese. Una grande maggioranza (84,6%) afferma che “la crescita di commercio o investimenti” fra Iran e altre nazioni ha avuto effetti “molto o in qualche modo positivi” per la nazione. Il 51,1% è convinto che essa abbia determinato una crescita nei posti di lavoro e, per il 40,4%, anche un aumento dei salari.  Per quanto concerne le compagnie straniere operative in Iran, per il 90% degli intervistati la loro presenza è “molto o abbastanza positiva”. E quando si parla di singoli Stati, la preferenza va a nazioni come la Germania (66,1%) o il Giappone (66,7%), anche se è tutta l’Unione europea a essere vista con favore dagli interpellati. 

Di contro, resta alta la diffidenza verso gli Stati Uniti e verso un partner storico e tradizionale della Repubblica islamica, la Cina: solo il 19,1% degli iraniani ritiene che un rafforzamento dei legami con Pechino potrebbe portare “grandi” benefici. Inoltre, pur mantenendo una aperta diffidenza - se non vera e propria ostilità verso l’amministrazione Usa - il 49,9% degli intervistati vede con favore la presenza di aziende e compagnie statunitensi sul territorio.  Nel lungo periodo gli iraniani sembrano ottimisti per il futuro della loro economia, con il 56,6 degli interpellati convinto che i figli godranno di una realtà migliore di quella vissuta dai genitori. A destare pessimismo e preoccupazione vi è solo la possibile cancellazione dell’accordo sul nucleare (Jcpoa), positivo ed essenziale per il futuro del Paese per il 61,7% degli interpellati. 

Proprio in tema di accordo sul nucleare si registra in questi giorni un appello sottoscritto da 76 intellettuali, attivisti, diplomatici o ex militari di Europa, Russia e Regno Unito, tra i quali lo spagnolo ed ex segretario generale Nato Javier Solana, il russo Igor Ivanov un tempo a capo della diplomazia di Mosca e lord David Owen, ex ministro degli Esteri britannico. Fra i firmatari desta preoccupazione la minaccia sollevata da Donald Trump, sempre più orientato a cancellare quello che ha definito a più riprese “il peggior accordo di sempre”. Azioni unilaterali da parte degli Usa sarebbero un “grave errore”, che finirebbe per minare gli interessi di Washington e l’immagine degli Stati Uniti in Europa, oltre che la cooperazione in ambito di Consiglio di sicurezza Onu

Sebbene di durata limitata e pur non essendo il migliore possibile, il Jcpoa a detta dei firmatari dell’appello ha garantito una stretta decisiva al programma atomico degli ayatollah e rilanciato la cooperazione economica e commerciale con l’Occidente. Infine, anche se gli Usa dovessero recedere l’Europa deve andare in direzione contraria e fare di tutto per salvaguardare e mantenere in vita l’accordo, nello spirito e nei fatti. 

Da Asianews.it

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